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Pyrus communis

Pero selvatico

Tutte le varietà di pero coltivate appartengono alla specie P. communis. La coltura del pero è antichissima. 1 suoi frutti erano mangiati in Europa migliaia di anni fa. Era coltivato dai Greci, ed è menzionato da Omero nel "Odissea". Ricostruire come si sono originate le varietà coltivate è oggi difficile, poiché già il greco Teofrasto, nei suoi scritti di botanica, distingueva le specie selvatiche da quelle coltivate, e Plinio ne elencava 40 diverse varietà coltivate presso i Romani. Allo stato selvatico, il pero comune è un albero spinoso con frutti astringenti e aspri. Produce dalle radici abbondanti polloni che si moltiplicano sino a formare cespuglietti caratterizzati, in aprile, dai moltissimi fiori bianchi.

Il legno ha un colore roseo-marrone pallido, è di facile pulitura e lucidatura, viene usato per strumenti musicali, incisioni, torniture e impiallacciature. Il pero selvatico può essere usato come portinnesto su cui innestare le molte varietà coltivate dell'albero, che forniscono pere da tavola, da cuocere e il "pōire", una bevanda analoga al sidro, probabilmente introdotta dai Normanni. Come i meli, i peri denunciano spesso la presenza di vischio: difatti, gli uccelli ne lasciano i semi appiccicaticci sulla corteccia, dopodiché il vischio può svilupparsi come parassita.

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Il pero selvatico si può ancora trovare spontaneo nelle siepi, nelle macchie e lungo le strade di campagna.

Le foglie sono scure, verdi e lucide, con margine a denti più piccoli di quelli del melo e picciolo più lungo.

I frutti, maturando, passano dal colore giallo-verde al bruno.

I fiori bianchi distinguono le piante di pero da quelle di melo.

Il pero è poco espanso con rami sparsi, e spesso si piega. I polloni possono formare un boschetto intorno al genitore.

Altezza: fino a 15 m.

Tutti i peri coltivati sono derivati da P. communis, che probabilmente è anch'esso di origine ibrida.

La corteccia grigia o bruna, si sfalda in placche.