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Gelso nero
Secondo una leggenda narrata dal poeta latino Ovidio nel suo poema mitologico Metamorfosi, il frutto del gelso nero era bianco, ma venne arrossato dal sangue dei tragici amanti Piramo e Tisbe. La leggenda è ambientata a Babilonia e il gelso nero è forse originario proprio del Medio Oriente, ma non cresce più da nessuna parte allo stato spontaneo. Fu introdotto in Europa dai Greci e dai Romani, che ne apprezzavano i frutti dal sapore dolce-amaro, frutti tuttora consumati freschi o in conserva.
Orazio ne consigliava il consumo per le loro qualità nutritive e medicinali.
In Italia, è ancora oggi coltivato per la produzione del frutto e come pianta ornamentale; ma è assai meno frequente del gelso bianco. Originario della Cina, il gelso bianco viene coltivato per l'allevamento del baco da seta, che si nutre delle sue foglie. L'importanza economica di questa coltura è stata notevole in passato, quando l'Italia, grazie alle condizioni climatiche favorevoli, era uno dei più importanti centri di produzione della seta e il gelso era definito "albero d'oro", per gli alti redditi che assicurava. L'avvento delle fibre sintetiche fece declinare questa industria, che, però, suscita oggi un rinnovato interesse.
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Le piante di gelso nero sono state coltivale in Italia da antica data per la produzione del frutto.
I fiori maschili e quelli femminili portati su amenti separati si schiudono in aprile-maggio.
Il frutto del gelso nero ha color rosso vino. Matura in agosto o in settembre.
Le foglie sono alterne, dentate e appuntite a base cuoriforme;
entrambe le pagine sono tomentose.
Il corto tronco si divide subito in rami slanciati che formano un albero cespuglioso dalla chioma arrotondata, con foglie scure e ruvide. Altezza: fino a 6m.
La corteccia, arancio-bruna, spesso si desquama.
Morus alba
Gelso bianco
Questa pianta, delle cui foglie si nutre il baco da seta, si distingue dal gelso nero per la foglia lucente e per il frutto bianco o rosato.