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Il 22 maggio è entrata in vigore la cosiddetta legge sugli Ecoreati (Legge 68/2015, Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente). Il percorso della legge ha visto coinvolte maggioranza e buona parte delle opposizioni. Per una volta, si è concordato sulla necessità di mettere mano a un settore poco presidiato dal Codice Penale anche alla luce dei disastri legati a condotte disumane e contro l'ambiente di imprenditori senza scrupoli o addirittura di veri e propri giri d'affari illegali come lo smaltimento illecito dei rifiuti tossici ad opera della criminalità organizzata, le cosiddette Ecomafie.
Le pene sono sia pecuniarie che detentive, riassumendo quelle detentive:
L'obiettivo della legge è ambizioso, ma pochi giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sono iniziati gli attacchi frontali e laterali al testo approvato. Quando per una volta al lettore è in parte risparmiata la polemica politica ecco che riemerge l'Italia dei piccoli e grandi interessi, dove prima di leggere una dichiarazione bisogna, machiavellicamente, interpretarne il fine ultimo, ricostruire la catena di interessi che legano chi parla a ciò che dice. Distinguere chi interpreta la propria brava parte in commedia da chi davvero intende migliorare costruttivamente la legge è molto difficile per chi scrive. Mi limiterò quindi a riportare le varie posizioni cercando di riassumerle.
Il Sapaf, un sindacato dei Forestali (uno dei Corpi incaricati di vigilare sui delitti ambientali), ha affermato all'agenzia Ansa per voce del suo segretario Marco Moroni che la legge è stata depotenziata per opera delle “lobbies industriali” ottenendo un testo che lega il reato a “precipua violazione di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative” non indicando nella legge ma in altri atti i limiti per cui l'inquinamento possa essere definito tale. Viene citato il caso di un erbicida, l'atrazina, che inquina fiumi e laghi ma il cui limite di tolleranza è stato alzato negli ultimi 20 anni. Il suo uso sotto la soglia (aumentata) non sarebbe quindi inquinamento per la legge. Vengono contestate anche le multe, ritenute irrisorie, e le pene, che solo nei casi più gravi porteranno alla carcerazione.
La Corte di Cassazione ha prodotto una relazione di 36 pagine dove dichiara che è dal 1998 che sono in gestazione testi simili e che l'Unione Europea aveva emesso una direttiva il 19 novembre 2008 (2008/99/CE) chiedendo un inasprimento contro i reati che provochino “deterioramento significativo della qualità dell'aria, compresa la stratosfera, del suolo, dell'acqua, della fauna e della flora, compresa la conservazione delle specie”.
La formulazione “violazione di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative” è stata poi sostituita dall'abusività della condotta. Secondo la Cassazione l'introduzione della clausola di abusività rende applicabile la norma anche nei casi in cui vi siano permessi formali non rispettati nella pratica. La cassazione si concentra sulle incertezze che renderebbero la legge non applicabile in modo uniforme e preciso essendo i riferimenti troppo vaghi.
Altro punto importante è il rapporto di causalità: la Corte nota come nel dibattito parlamentare si sia preferito adottare nei confronti dell'inquinamento ambientale il principio di causa-effetto fra inquinatore e inquinamento che sembra facilitare nei processi chi inquina per omissione e non per dolo.
Le associazioni ambientaliste come Legambiente festeggiano la legge che chiedono dal 1994 considerandola "un cambiamento culturale e di civiltà" sottolineando come questi reati si vadano ad affiancare a reati già esistenti e non li soppiantino, tutelando però tutto un nuovo spettro di delitti in passato non perseguibili.
Confindustria durante la propria assemblea del 28 maggio scorso per voce del suo presidente Giorgio Squinzi si è scagliata contro la nuova legge: "I reati ambientali, il nuovo falso in bilancio, nuove autorizzazioni di varia natura, il canone sugli imbullonaggi o la TASI sull'invenduto che faccio sempre fatica a raccontare all'estero tanto sono assurdi, in generale una giurisprudenza studiata e scientificamente realizzata contro l'impresa non nascono dal caso ma da una cultura, da un abito mentale diffuso che pensa ancora all'imprenditore come a un nemico della collettività."
Saranno i prossimi mesi di indagini e i prossimi anni di processi a dirci quanto i nuovi reati fungeranno da deterrente contro chi fino a pochi mesi fa rischiava veramente poco danneggiando l'ambiente. Come tutti i cambiamenti, la legge rimarrà lettera morta se i cittadini non vigileranno e non svilupperanno quella sensibilità verso l'ambiente in cui vivono che farà ritenere le attività umane contro l'ambiente oltre che illegali anche socialmente riprovevoli.