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Sul giornalismo in Italia

Quando negli anni duemila decisi di studiare comunicazione avevo in

mente l'ideale di giornalista investigativo americano. L'11 settembre

era un evento recente e non c'erano ancora state le guerre in Iraq e

Afghanistan, ma c'era stato il Kosovo.

Non avevo ancora idea della differenza fra l'embedded journalism

iracheno e le inchieste giornalistiche che contribuirono a far cadere la

teoria del domino e le sue conseguenze nefaste rappresentate

magistralmente da Spielberg in The Post.

I miei compagni di corso e io pensavamo di fare la differenza. A

distanza di 20 anni è doveroso un bilancio di quelle illusioni.

Idolatrare la persona offendendone la memoria

Umberto Eco al momento della sua morte è stato celebrato come un grande

intellettuale: promotore del corso di laurea in Scienze della

Comunicazione e suo primo direttore all'UniBo, il corso di laurea da

lui fondato è probabilmente il più sbeffeggiato in Italia.

Si va dal classico "Scienze delle merendine" alla discriminazione più

spicciola: chi non prende in considerazione candidati con una certa

laurea, chi li sfotte e via dicendo. Il tutto in un paese con un numero

di laureati anche nella fasce più giovani della popolazione

insoddisfacente.

Un segnale di quanto fosse odiata dai gatekeeper quel corso di laurea è

ritrovabile in un video di Bruno Vespa in cui sconsiglia la sua

frequentazione: ha potuto rimanere indisturbato al suo posto mentre i

suoi colleghi incanutivano davanti alla telecamera, trasformando RaiNews

da una a mio avviso brillante all news dell'epoca Mineo al megafono

dell'estrema destra mentre la terza camera della repubblica continuava

la sua marcia trionfale nel traghettare verso destra l'opinione

pubblica una notte per volta.

Lo stato del giornalismo in Italia

Il disprezzo verso un corso di laurea unito al presidio della posizione

dominante da parte di chi era già nel recinto dell'informazione ha

portato alla stasi del sistema. Senza l'iniezione di nuove competenze

l'informazione radiotelevisiva si è ridotta ad un salotto da una parte

e il web ad una fabbrica di articoli ottimizzati per il SEO da parte di

professionisti principalmente legati al marketing.

La dieta informativa italiana è pessima, il costo del servizio

radiotelevisivo alto, 52 canali sono un manifesto al vivere al di sopra

delle proprie possibilità grazie al prelievo in bolletta elettrica.

Federica Sgaggio nel suo Il paese dei buoni e dei cattivi descrive le

storture italiane dal punto di vista di sistema.

Una giornalista freelance sotto pseudonimo invece su un blog ha

descritto le molestie e il sistema di ricatti all'interno delle

redazioni fornendo il clima in cui si fa informazione in Italia. Offline

da anni, si può ancora trovare qui:

https://web.archive.org/web/20240000000000*/https://ilporcoallavoro.com/

Il sistema di potere di Vespa, la Sgaggio, l'autrice del Porco danno un

quadro quasi completo di un sistema fallito.

La mia esperienza

Non posso dire di avere esperienza puramente giornalistica. Dal 2007 ho

scritto oltre cento articoli, una selezione dei quali potete trovare

qui. La redazione era composta da poche persone e mi occupavo

principalmente della parte informatica, scrivendo articoli su tematiche

ambientali che da sempre mi stanno a cuore.

I risultati in termine di letture sono stati scarsi, sotto il centinaio

ad articolo, più spesso attorno ai 50. Non erano argomenti trainanti, e

l'ossessione nel riportare dettagliatamente le fonti non aiutava la SEO

con tutti quei link esterni.

Ho avuto esperienza in un'altra redazione online, dove andavano

pubblicati un certo numero di articoli la settimana per avere una quota

di pubblicità. Quando ho lasciato dopo poco, tutti gli articoli sono

stati rimossi e il lavoro cancellato. La comunicazione è stata

freddissima.

Mi sono mantenuto lavorando in campo informatico per tutti questi anni,

il giornalismo non avrebbe potuto farlo. Non conosco nessun mio stretto

ex compagno di corso che lavori nel campo senza vivere di altro. Gli

altri fanno lavori diversi, in cui si sono perfettamente integrati

grazie alla propria adattabilità che un po' è merito del corso di

laurea.

Aprire il mondo dell'informazione a tutti come si illudeva di fare Eco

era e resta un'illusione: la realtà è fatta di circoli chiusi,

impermeabili. I volti sono sempre quelli, i meriti che li portano sullo

schermo o a scrivere gli editoriali non sono chiari.

Leggendo e ascoltando anche giornali e trasmissioni da tutto il mondo in

lingua inglese gran parte del giornalismo italiano ne esce con le ossa

rotte. Al confronto con un'offerta globale, il giornalismo in italiano

per chi legge anche l'inglese non ha futuro.

Chi è istruito, presumibilmente quel 30% scarso delle persone in età di

lavoro con una laurea, cerca ormai prima le informazioni in inglese

rispetto all'italiano.

Si crea quindi una diversificazione radicale della dieta informativa, e

diverse percezioni della realtà.

Un ultimo tentativo

Nel 2017 provai a lanciare una petizione con un'idea semplice: lanciare

euronews sul Digitale Terrestre.

https://www.change.org/p/euronews-sa-euronews-on-dttv

La petizione raggiunse solo 30 sostenitori. L'idea era che

un'informazione con uno sguardo potesse essere alla portata di tutti

mentre l'uso esclusivo del satellite non lo permetteva.

La mia opinione rimane che nelle case degli strati della popolazione che

più sono stati ammaliati nell'ondata delle nuove destre avrebbe avuto

una possibilità in più di uscire da una narrazione grettamente

ombelicale della televisione italiana.

Solo l'effetto farfalla di iniziative come questa avrebbe potuto

salvare il continente: un'altra illusione?

Da allora non mi sono più occupato di giornalismo. Mi informo, diffido

dai "fact checker" italici, non compro nulla.

Non ho la televisione da quando è nata mia figlia e una volta al mese mi

sforzo di vedere un telegiornale. Informandomi con i metodi sopra e da

podcast come ad es. quello di Phastidio, la qualità è scarsa a paragone.