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Uno sfoghetto

2023-10-30 alle 10:10 UTC

Perché è dovuto accadere? Perché mi accade sempre? Ti prego, basta! Non voglio piú soffrire per queste sciocchezze. Non voglio sentire vuoti nello stomaco; non voglio restare per ore sul punto di piangere; non voglio sentirmi inutile persino quando sono coi miei amici.

Ho cercato di accettare che per te non posso essere ciò che vorrei significare per te; mi sono illuso di esserci riuscito, come mi sono illuso di essere davvero importante per te. Forse non me ne sono illuso; forse mi hai illuso. Ma non importa. Non importa mai. Se fosse importante, infatti, esisterebbe un modo socialmente comprovato per uscirne. Non esiste, quindi non importa. Almeno adesso ricordo quale sia il mio posto in questa faccenda: in un angolo, in disparte; al piú mi è concesso scorgere un gioco per cui non sono adeguato.

Inizio a sospettare che il «la pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo» vada interpretato con «se non sei capace di giocare, lavora o sarai inutile». Avrebbe tutto molto piú senso — forse anche solo per il fatto che avrei un motivo per sentirmi uno scarto. Tutto ciò mi lascia con un senso di pesantezza che avevo cercato di lasciarmi alle spalle. A poco sono valsi i turni di cura, le uscite divertenti, persino le persone che dicono direttamente: «Grazie, perché senza di te tutto ciò non sarebbe stato possibile». Perché basta cosí poco per cancellare tutte queste gioie? E soprattutto, perché non riesco a far uscire nulla in modo efficace, diretto e onesto nella direzione del risolvere questo problema?

Stavo nell’angolo e ti ho intravista: eri bellissima. Sei bellissima. E queste affermazioni sono riduttive: ti spendi per gli altri; sei priva di malizia senza mancare di conoscenza; hai la testa sulle spalle. E mi vergogno, perché l’unica reazione che riesco ad avere è quella di chi non ha niente e vuole nascondere questa verità lapalissiana. Mi sento una nullità nei tuoi confronti; mi sento niente. So che non dovrebbe essere cosí. Agisco come se non lo sapessi — e paio cattivo, perché mi comporto da cattivo, da spaccone.

Non ti meriti questo; nessuno si merita questo da me; non merito nulla da nessuno, a questo punto: sono tutte energie sprecate, che sarebbero meglio allocate altrove. Per fortuna hai anche gli altri. Li invidio, perché con loro ridi, con me al piú sospiri. Ma non importa: se ridi, almeno non devi pensare a chi non ti fa star bene. Eppure sono ridicolo, perché mi si fermano le parole in gola, poi voglio starti accanto, poi ti temo e resto in disparte. E mi meraviglio dei tuoi sguardi di sufficienza (e sono solo io a vederli cosí).

Aiutami a non desiderarti. Voglio solo smettere di desiderare.

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