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Accordi di plastilina

E' un equilibrio abbastanza precario.

Leggevo una notizia, riguardante il fatto che la Meloni, dopo aver parlato con Biden, starebbe considerando di "andarsene" da Silk Road. Si tratta di un accordo che sottoscrisse, nel 2019, il governo Conte.

Tecnicamente, si tratta di un "memorandum", dove vennero ideati potenziali accordi, sia commerciali che istituzionali, volti sia alla costruzione di infrastrutture, che all'incremento di scambi commerciali fra i due paesi. Naturalmente, la cosa e' piu' complessa di cosi', ma tant'e', semplifichiamo. La domanda che mi e' sorta spontanea e': ha senso per l'Italia, pensare di lasciare questa iniziativa? Iniziamo con il capire chi sono gli attori in gioco e la situazione attuale.

Non e' un mistero che da anni gli Stati Uniti abbiano iniziato una guerra fredda con la Cina. Uno degli esempi piu' eclatanti fu l'esclusione di Huawei dal mondo delle telecomunicazioni occidentale. La loro colpa fu, letteralmente, di essere molto piu' avanti nel 5G, cosa che non piaceva ai canonici colossi Europei ed Americani. Detto fatto e la scusa della "sicurezza nazionale" venne tirata in ballo. Quindi, invece di avere apparati economici a causa del fatto che Huawei e', sostanzialmente, un'azienda di stato, abbiamo sempre lo stesso cartello fatto dai vari Nokia, Ericcson, Cisco e cosi' via, che vendono aggeggi black-box a prezzi assurdi. Ma sto divagando.

Non mi sorprende la tempistica, poi. La Meloni e' stata appena in visita da nonno Biden, che sicuramente le avra' fatto notare "l'incongruenza". Mettiamoci pure che nl governo italiano, il ministro della difesa e' un noto lobbista dell'industria delle armi (che naturalmente dipende dal mostruoso intreccio dell'industria militare occidentale) e non e' difficile prevedere che l'uscita dalla nuova "Silk road" dell'Italia sara' scontata. Il dubbio che ho, pero', e' perche' la Meloni ha detto che decidera' "entro Dicembre". Questa potrebbe essere una mossa politica per non far incazzare qualcuno, oppure deve capire, fino in fondo, quanto l'economia italiana ci rimetterebbe se la Cina decidesse di fare rappresaglia. Ho idea che la botta non sarebbe leggerissima, soprattutto se slatasse fuori che gli investimenti cinesi in infrastrutture italiane dovessero essere gia' in stato avanzato. Ma penso che, alla fine, il tutto saltera', sotto le pressioni del nostro "alleato per comodita'" americano.

Se entro Dicembre, l'accordo non saltera', oppure se la decisione finale sara' presa piu' avanti, significa che la Cina ha gia' investimenti importanti in Italia o, meglio, che fior fiore di industrie italiane hanno tratto vantaggio da questo memorandum. Molti dimenticano che, per quanto brutta e cattiva la Russia sia, le sanzioni economiche volute dagli americani e dalla EU hanno tagliato le gambe a fior di settori economici in Italia (basti pensare all'industria del mobile in Veneto), causando la chiusura di realta' che avevano scambi commerciali importanti con la Russia.

Non sarei davvero sorpreso se lo stesso fosse con la Cina, insomma. Se la Meloni sara' titubante e se si capisse che uscira' dall'accordo a denti stretti, significhera' che la Cina fara' rappresaglia, causando molti begli uccelli paduli nei culi di molti industriali italiani. Non sara' un bello spettacolo per l'Italia, nel breve e medio termine, dato che non ha tutta questa forza economica per sopravvivere ad una potenziale botta del genere. Insomma, la tetta della BCE, sara' nuovamente l'ancora di salvezza del paese, come lo e' ormai da anni.

Se invece si dimostrasse insolitamente ferma nella sua decisione, significhera' che avra' trovato una diversa fonte di entrate per il paese, oppure avra' avuto garanzie sulle eventuali ripercussioni di una rappresaglia cinese, ma le sue dichiarazioni non lasciano intendere che la direzione sia questa.

Staremo a vedere. Da quello che decidera' la Meloni e come, capiremo sia se il memorandum e' stato fruttuoso, sia se e' stato un fallimento, nel tempo.

Certo e' che, da questo lato dell'atlantico, al solito, abbiamo poco da guadagnare, da una nuova guerra fredda.