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l’idea cioè che qualcuno, per scrivere qualcosa, debba possedere autorevolezza. Io non capisco sinceramente come possa venire in mente una cosa simile. Ho sempre pensato, come qualsiasi persona normale, che dietro a chi
scrive ci debba essere necessità di scrivere, libertà, autenticità, rischio. Pensare che ci debba essere qualcosa di sociale e di ufficiale che «fissi» l’autorevolezza di qualcuno, è un pensiero, appunto aberrante, dovuto evidentemente alla deformazione di chi non sappia più concepire verità al di fuori dell’autorità. Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla e dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non essere fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero degno di ogni più scandalosa ricerca
<p class='cite'><cite>Chiesa e Potere</cite>, Corriere della Sera del <time datetime='1974-10-06'>6 ottobre 1974</time></p>
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Scelta esteriore, non autentica perché standard. -> provocazione trans-partitica: fusione destra-sinistra.
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L’altro è sempre infinitamente meno importante dell'io ma sono gli altri che fanno la storia.
<p class='cite'>Pier Paolo Pasolini, <cite>Lettera a Giovanna Bemporad</cite>, 1947</p>
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