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Il nome specifico dolabrata, dal latino dolabra, "accetta", si riferisce alla forma delle foglie squamiformi, che assomigliano per l'appunto a lame di accetta. Hanno un colore verde vivo lucente, con pagine inferiori marcate distintamente di bianco, e talmente perfette che paiono quasi artificiali. A motivo della perenne vivacità del suo fogliame, questa specie è uno degli alberi noti talora come arbor vitae, ''albero della vita"; gli altri sono le Thuja, strettamente affini sistematicamente.
In Giappone, il legno è usato nell'edilizia, essendo leggero ma forte, facile da sagomare e durevole. T. dolabrata era uno dei cinque alberi sacri del Giappone antico, conservato per l'uso esclusivo della famiglia reale e per scopi religiosi. Venne introdotto in Europa nel 1853 e, successivamente, nel 1861 dato che le prime piante importate non riuscirono a sopravvivere.
Questa specie, pur non frequente, è presente in Italia come albero ornamentale; preferisce suoli non ricchi di calce. Quando questo albero viene coltivato in terreni aperti, i rami spesso toccano il terreno e talora mettono radici. Le squame dei coni recano ognuna da tre a cinque semi, diversamente dalle Thuja, che hanno soltanto due semi per ogni squama.
in grandi parchi e giardini, pur non essendo mollo diffusa.
Le foglie, lucide, hanno l'aspetto artificiale della plastica. Sulle pagine
inferiori hanno appariscenti macchie bianche con uno stretto bordo verde.
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I coni, immaturi, hanno forma ovale e hanno poche squame, con una protuberanza all'apice.
Le squame si aprono liberando i semi.
I coni sono lunghi circa 1,5 cm.
I fiori maschili, verdi, crescono alle estremità dei rametti. Quelli femminili, grigio-blu, maturando diventano coni ovali e cuoiosi.
Questa pianta cilindrica e dalla forma regolare è fittamente rivestita dal fogliame.
Altezza: fino a 15-20 m.
