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L'Italia, culla del giardino rinascimentale, meravigliò il mondo con i primi monumenti dell'arte dei giardini, firmati da artisti sommi ed esperti come Jacopo Barozzi, detto il Vignola, ed esportò i propri maestri giardinieri nelle corti europee. Specie in Francia, gli allievi degli Italiani fondarono le loro scuole e imposero a tutta l'Europa una scuola, la francese, derivata dalla italiana. Nel secolo XVII si ebbero in Italia buone realizzazioni anche se il giardino ormai era cosa francese. L'avvento della corrente romantica del paesaggismo inglese ci trovò impreparati sia mentalmente, sia economicamente. Grandi fatti paesaggistici e culturali, come il disegno del paesaggio agrario, non vennero capiti se non quando la distruzione dei suoi presupposti decretò la scomparsa dei suoi aspetti più spettacolari.
La decadenza della tradizione paesaggistica italiana iniziò soprattutto quando l'istintività e la genialità di pochi non furono più sufficienti a dominare un settore che richiede, in primo luogo, profonde conoscenze biologiche, colturali e, anche, basi culturali approfondite per la comprensione della genesi storica dei paesaggi umanizzati, legati alla vegetazione.
In tempi recenti, vennero spesso confusi i settori, confondendo le esigenze colturali espresse dal sempre più alto fabbisogno di specie legnose a rapido accrescimento, con quelle di dare una adeguata sistemazione, con colture arboree permanenti, a terreni da tempo disboscati. Una terza esigenza, quella cioè delle piantagioni arboree e arbustive a soli scopi ornamentali, non venne quasi mai studiata e approfondita a causa della prevalente importanza delle altre due.
Oggi, in Italia, nel settore si vive un momento di grande confusione, conseguente anche a una estesa mancanza di scuole specializzate, esistenti, invece, in tutti i Paesi europei ed extraeuropei.
Conseguenza della mancanza di una chiara visione dei problemi, sono i chilometri e chilometri di fasce costiere impiantate con acacie esotiche, vere e proprie alterazioni della potenzialità dei paesaggi mediterranei o le selvagge piantagioni di intere pendici collinari con esotiche tuie e cipressi argentati (Cupressus glabra), che hanno alterato il quadro paesaggistico di molte zone collinari.
Il paesaggio in prospettiva
Se, a causa di perturbazioni esterne, quali la crisi energetica, non si attenuerà la spinta verso la meccanizzazione più accentuata delle terre coltivabili, entro pochi decenni, probabilmente, tutte le terre pianeggianti diverranno aree intensamente coltivate e la monocoltura si estenderà a vista d'occhio. I paesaggi agrari, in questo modo, da vari, interessanti, ricchi di storia e di tradizioni legate alle piante, si appiattiranno sempre più.
Diversa la prospettiva per i terreni a più o meno accentuata declività . In questi, il bosco e le colture promiscue sopravviveranno legati anche al pascolo, tradizionale forma di sfruttamento estensivo agricolo, che in prospettiva si rivela ancora di estremo interesse. Nelle zone alpine e altoappenniniche, ove le precipitazioni elevate lo consentono, è prevedibile una estensione delle superficie a bosco di resinose a rapido accrescimento. Tuttavia, l'estendersi di questi boschi coltivati non potrà mai cancellare l'aspetto prevalente della vegetazione spontanea di gran parte d'Italia: i querceti. Infatti, le aree a pendenza accentuata e aride possono trovare soltanto nelle specie spontanee la naturale copertura boschiva.
In questi boschi, le piante vivono in equilibrio tra loro e con la fauna che al loro riparo si nutre, e si riproduce, contribuendo alla disseminazione spontanea delle specie autoctone.