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L’ultimo capitolo di “La penultima verità”

Posted by bu on Sun, 27 Feb 2022 21:40:10 +0100 in “Citazioni”, “Ecologia”, “Fiction”, “Guerre”, “Psicocose” and tagged with “La penultima verità”, “Paranoia”, “Philip K. Dick”, “Potere”, “Rivoluzione”

Last modified on Sat, 05 Nov 2022 07:14:18 +0100

Da /La penultima verità/,

di Philip K. Dick

 

Capitolo 29

 

All’una di quel pomeriggio Carol Tigh effettuò con successo l’operazione di trapianto del pancreas sul corpo ancora congelato di Maury Souza; poi, grazie alle risorse mediche più sofisticate del formicaio, ripristinò la circolazione sanguigna, il battito cardiaco e la respirazione del vecchio. Il suo cuore cominciò a pompare sangue da solo, e subito, con cautela e abilità, gli stimolatori artificiali delle funzioni vennero rimossi uno dopo l’altro.

Le indicazioni degli elettroencefalogrammi e degli elettrocardiogrammi, nel corso delle ultime, critiche ore, confermarono che i processi vitali riprendevano normalmente; il vecchio Souza aveva buone, anzi ottime possibilità di riprendersi e di vivere dignitosamente qualche anno in più.

Era finita. Nicholas, dopo essere rimasto per un bel po’ di tempo accanto al letto dell’anziano meccanico, osservando le macchine di monitoraggio che sputavano i loro nastri, alla fine se ne andò, tranquillizzato.

Finalmente era ora di ritrovare la sua piccola famiglia, il suo cubicolo sovraffollato, il suo bagno condiviso e fonte di quotidiane discussioni con i vicini. Avrebbe ripreso la vita di sempre.

Per un po’.

E poi, si disse mentre camminava solo lungo il corridoio della clinica e raggiungeva la rampa terminale che portava al suo piano abitativo, le trombe suoneranno e non i morti, ma i traditi risorgeranno. E non incorruttibili, triste a dirsi, ma assai mortali, deperibili... e infuriati.

Un nido di vespe scottate dal fuoco, pronte ad attaccare. Questo formicaio sarà il primo, ma a quel punto, quando avremo preso contatto con i formicai vicini, dovremo dirlo anche a loro. Passate la voce, gli diremo. Fino a che tutti sapranno. E alla fine ci sarà una rete mondiale di vespe infuriate, e se tutte attaccheranno simultaneamente non ci sarà esercito di plumbei che possa fermarle. Ne fermeranno una parte, un terzo forse, ma non tutte.

In ogni caso tutto dipendeva dalle trasmissioni televisive nel corso delle successive ventiquattro ore. Da quanto Talbot Yancy, quello vero o quello immaginario, avrebbe detto loro.

Per prima cosa avrebbe aspettato questo.

E chi sarebbe stato, Brose o Lantano? Chi, in quel momento, era ancora vivo e deteneva il potere, e chi era morto?

Il prossimo discorso di Yancy, la prossima dose di materiale di lettura, glielo avrebbe rivelato. Probabilmente erano sufficienti le prime dieci parole pronunciate dalla faccia sullo schermo.

E chi vogliamo vedere emergere? Si pose la domanda proprio mentre raggiungeva la porta del piccolo cubicolo. Forse Adams può saperlo. David Lantano è stato buono con me, ha fatto in modo che potessi procurarmi il pancreas artificiale. Ma ancora prima proprio i suoi plumbei erano stati sul punto di uccidermi... e mi avrebbero ucciso, se non fosse intervenuto lo stesso Lantano, nella sua fase più anziana di Yancy, quella con la carnagione artificialmente più chiara. O magari lassù sarà successo qualcosa di diverso, o succederà prima o poi: non Lantano né Brose, ma un’altra combinazione (e Joseph Adams, mentre lavoravano insieme per riaprire la galleria, aveva accennato a una eventualità del genere). Una nuova alleanza tra Webster Foote, con la sua organizzazione poliziesca a livello planetario, e Louis Runcible, con il suo robusto, mastodontico impero economico. Alleati contro l’Agenzia e il suo esercito di plumbei, molti dei quali combattenti navigati con tante frecce al loro arco e pronti a cogliere il minimo pretesto pur di tornare a combattere... che a comandarli fosse Stanton Brose o David Lantano.

Aprì la porta del cubicolo.

C’era Rita seduta, composta, che lo aspettava. «Ciao» disse con un filo di voce.

«Ciao.» Nicholas rimase imbambolato sulla soglia, indeciso se entrare o no, attento all’umore della moglie.

Rita si alzò e disse: «È bello riaverti qui, rivederti. Come stai?» Poi gli si avvicinò, ma anche lei con qualche esitazione. «Allora non ti sei preso il Morbo del Sacchetto. Era quello che temevo di più. Da quanto ho visto e sentito alla televisione e da quanto ha detto Nunes prima di... scomparire.»

Nicholas l’abbracciò, la strinse a sé.

«Così va bene» sussurrò Rita, abbracciandolo a sua volta, ancora più forte. «Però, Nick, solo pochi secondi fa è arrivato un avviso: dobbiamo trovarci tutti al più presto in sala riunioni per ascoltare il Protettore, ma io non ho intenzione di andarci... come sai, Nunes è morto e così adesso non c’è nessuno che possa costringerci ad andare. Perciò resterò qui. Con te.» Lo strinse a sé, ma lui si liberò subito dal suo abbraccio. «Che c’è?» gli chiese, sbalordita.

«Io vado in sala riunioni.» Nicholas si avviò a grandi passi verso la porta.

«Che t’importa...»

Lui non si prese nemmeno la briga di rispondere; si precipitò lungo il corridoio verso la rampa.

Un attimo dopo entrò in sala riunioni: c’era forse un quinto o un sesto dei residenti del formicaio. Notò subito Joseph Adams e lo raggiunse, sedendosi rapidamente accanto a lui.

Lo schermo del gigantesco televisore dal pavimento al soffitto era acceso e attivo: pulsava, ma non mostrava nulla.

«Stiamo aspettando» gli disse in breve Adams. «C’è stato quello che l’annunciatore ha definito un ‘ritardo’.» Il suo viso era pallido, tirato. «Lui, cioè Yancy... stava per apparire, ma poi l’immagine è scomparsa. Come se...» Guardò Nicholas. «Come se il cavo coassiale fosse stato tagliato.»

«Gesù» esclamò Nicholas ed ebbe la sensazione che il cuore gli si fermasse, per poi riprendere a battere e infine tornare a svolgere in un modo o nell’altro la sua funzione. «Dunque lo scontro non è ancora finito.»

«Lo sapremo» disse Adams in tono freddo, professionale. «Non ci vorrà molto.» La sua sembrava una tensione calcolata, voluta.

«Era dietro la grossa scrivania di quercia? Con la bandiera alle spalle?»

«Non sono in grado di dirlo. L’immagine è stata troppo frammentaria; è durata, o forse sono riusciti a trasmetterla, solo per una frazione di secondo. Io credo...» La voce di Adams era bassa, ma perfettamente udibile, mentre tutto intorno a loro i presenti continuavano a giungere senza particolare fretta, si sedevano con tutto comodo, sbadigliavano, mormoravano, parlottavano. Non sapevano, proprio non sapevano quanto tutto ciò significasse per il loro futuro collettivo e per ogni singola, personale esistenza. «Se devo dire la verità, evidentemente la resa dei conti non ha avuto luogo alle nove del mattino, ora di New York. A quanto pare sta avendo luogo adesso.» Guardò l’orologio. «All’Agenzia sono le sei del pomeriggio. E dunque qualcosa, Dio solo sa che cosa, è in corso da un’intera giornata.» Tornò a fissare lo schermo e tacque, in attesa.

«Allora» disse Nicholas «il dardo ha fallito.»

«Forse. Ma quella non sarebbe la fine. Lantano non è il tipo da arrendersi e lasciarsi uccidere. Vediamo la situazione punto per punto. In primo luogo, se quella particolare arma fallisce il bersaglio lo notifica subito a chi l’ha installata. Perciò, anche se fosse ipoteticamente a migliaia di chilometri di distanza, Lantano sarebbe informato subito della cattiva notizia. E nel frattempo Foote... avrà cercato di inventarsi qualcos’altro, spero a Città del Capo. Se ha un po’ di sale in zucca, come mi risulta, certamente a Città del Capo. E avrà rivelato a Runcible tutta la storia del progetto speciale. E si ricordi una cosa: nei condomini di Runcible ci sono migliaia e migliaia di ex residenti dei formicai che Runcible potrebbe già aver addestrato, armato, preparato per...» Non finì la frase.

Sullo schermo apparve, a tre dimensioni e a tutto colore, la grossa, familiare faccia di Talbot Yancy, abbronzata e in salute, con i lineamenti netti e decisi.

«Miei compatrioti americani» disse Yancy con la sua voce grave e sicura, seria ma premurosa, addirittura affabile. «Mi inchino al cospetto di Dio per annunciarvi una notizia di così grande significato che posso solo pregare l’Onnipotente e ringraziarlo di aver potuto, voi e io, vivere fino al punto di vedere questo giorno. Amici miei...» La voce adesso era strozzata per l’emozione, ma contenuta dallo stoicismo ferreo, militaresco dell’uomo. Sempre virile, eppure controllata a fatica: quello era Talbot Yancy, in quel momento, e Nicholas si scoprì incapace di giudicare ciò che vedeva. Aveva davanti a lui il simulacro che aveva sempre visto sullo schermo televisivo, oppure...

La telecamera si ritrasse. Inquadrò la scrivania, poi la bandiera. Come sempre.

«Ha avuto la meglio Brose. Prima che potessero arrivare fino a lui» dedusse Adams. Si sentiva appesantito, intorpidito. Era finita.

Be’, così stavano le cose. E... magari era meglio. Chi poteva dirlo? Chi poteva mai saperlo? E davanti a lui, davanti a tutti gli abitanti dei formicai, c’era ancora il grande compito. Niente di meno che una guerra totale, assoluta, senza quartiere, nel tentativo di emergere in superficie e di restarvi a dispetto di tutto.

Sullo schermo Talbot Yancy riprese a parlare con una voce tremante, carica di emozione. «Oggi posso informarvi, tutti voi che vi trovate sottoterra, dove da tanto tempo vi ritrovate a faticare, anno dopo anno...»

«Vieni al dunque» incalzò Adams con voce gracchiante.

«...senza mai lamentarvi, soffrendo e sopportando, e senza mai perdere la fede... ecco, amici miei, quella fede che è stata messa così a dura prova troverà una giustificazione. La guerra, amici miei, è finita.»

Dopo un attimo, mentre la sala riunioni e i pochi presenti sparpagliati qua e là sembravano ammutoliti, Nicholas si voltò, e scambiò un’occhiata con Adams.

«E ben presto, amici miei» proseguì Yancy nel suo tono accorato e solenne «tornerete al vostro mondo illuminato dal sole. All’inizio quello che vedrete vi sconvolgerà; non sarà facile, e ci vorrà del tempo, questo devo dirlo. Dovrete avere pazienza, e fare un passo alla volta, ma ce l’abbiamo fatta. Non ci sono più combattimenti. L’Unione Sovietica, Cuba, tutti i membri del Bloc-Pop, si sono arresi e finalmente hanno accettato...»

«Lantano» disse Adams, incredulo.

Nicholas si alzò in piedi e risalì la corsia centrale, uscendo dalla sala. Solo nel corridoio si fermò a pensare. Evidentemente Lantano, con o senza l’aiuto di Webster Foote, alla fine era riuscito a prevalere su Brose: forse nel primo mattino, grazie al dardo ad alta velocità, oppure, se non allora e non con quell’arma, ci era riuscito in seguito. In un altro modo ugualmente efficace e ugualmente professionale. Che aveva come obiettivo il vecchio cervello di Brose, perché era il solo a non potere essere rimpiazzato. Morto quello, Brose era finito. E infatti era tutto finito.

Brose è morto, capì Nicholas, su questo non c’è dubbio. E questa è la prova... quella che stavamo aspettando. Il solo, unico segno che noi, quaggiù, volevamo ricevere. Il regno degli uomini-Yance, l’inganno di tredici anni, o quarantatré, se partiamo dai documentari di Fischer... è tutto finito.

Nel bene o nel male.

Adams si materializzò accanto a lui e rimase immobile per un momento; nessuno dei due parlò e alla fine fu Adams a rompere il silenzio. «A questo punto dipende tutto da Runcible e da Foote. Forse possono dare scacco matto a Lantano, limitarlo. Raggiungere quello che ai tempi dell’antico governo degli Stati Uniti si chiamava ‘equilibrio di potere’. Magari attraverso un appello al Consiglio di ricostruzione Dis-In. Insistere su...» Gesticolò. «Lo sa Dio. Io spero che loro lo sappiano. È un disastro, Nick. Sono sincero, anche senza stare lassù e vedere quello che succede. È un disastro terribile e lo sarà per un bel po’ di tempo.»

«Però» disse Nicholas «stiamo per riemergere.»

Adams continuò: «Quello che mi aspetto di vedere è come Lantano, o chiunque sia a utilizzare il simulacro in questo momento, comunque stiano trasmettendo... insomma come qualcuno spiegherà quelle migliaia di chilometri di erba e di alberi. Al posto di una distesa sterminata di macerie radioattive.» Sogghignò, fece una specie di smorfia seguita da una serie di movimenti incontrollati. I suoi lineamenti tradirono idee ed emozioni conflittuali, frutto di un grande tormento interno. La sua mente passò velocemente in rassegna le diverse possibilità: il creativo, l’uomo-Yance che era in lui, la sua vera personalità riemersero proprio in quelle condizioni di eccitazione, di paura e di stress. «Che diavolo potrà dire, chiunque sia a parlare? Come può esistere una storia di copertura convincente? Signore, a me non ne viene in mente nemmeno una. Almeno adesso, su due piedi. Però Lantano... lei non si rende conto, Nick, ma sarebbe capace di inventarsene una. È un uomo brillante. Sì, credo proprio che ci riuscirebbe.»

«Lei pensa» chiese Nicholas «che la bugia più grande debba ancora venire?»

Dopo una pausa lunga e visibilmente tormentata, Adams rispose: «Sì.»

«Non possono semplicemente dire la verità?»

«La che cosa? Mi stia a sentire, Nick: chiunque siano, qualunque sia la combinazione emersa fra le tante possibili in fatto di doppio gioco, imbrogli e accordi sottobanco che teste matte come quelle sono in grado di escogitare, qualunque gruppo o persona abbia messo le grinfie, sia pure temporaneamente, sulle carte vincenti dopo questa lunga giornata di... be’, non sappiamo nemmeno che cosa sia successo, ma comunque adesso loro hanno un compito, Nick: il compito, anzi. Il compito di fornire una spiegazione sull’esistenza di un intero pianeta che è di fatto un parco pieno di verde, accudito da uno stuolo di plumbei giardinieri. Ecco come stanno le cose. E non solo di spiegarlo in modo soddisfacente a lei o a me o a qualche ex residente di formicaio qua e là, ma a centinaia e centinaia di milioni di individui ostili, scettici e furibondi che a partire da questo momento passeranno al vaglio ogni singola parola emessa dallo schermo televisivo, chiunque la pronunci. A lei piacerebbe questo compito, Nick? Fino a che punto le farebbe piacere dover assolvere a un dovere del genere?»

«Non mi farebbe piacere affatto» ammise Nicholas.

«A me sì» replicò Adams. Aveva il viso contorto dalla sofferenza e da quella che a Nicholas sembrò un’autentica, inconfondibile smania che lo stava divorando. «Davvero, vorrei doverlo fare io. In questo momento vorrei starmene seduto nel mio ufficio all’Agenzia di New York, al 580 della Fifth Avenue, a monitorare questa trasmissione mentre viene diffusa lungo il cavo coassiale. È il mio lavoro. Era il mio lavoro. Ma la nebbia mi spaventava, e così la solitudine; ho lasciato che si impadronissero di me. Ma adesso potrei tornare indietro e non mi lascerei più soggiogare. Non lo permetterei. Perché questa è un’occasione importante: abbiamo sempre lavorato per arrivare a questo momento in cui avremmo dovuto dare conto di tutto. Anche se non lo sapevamo. Ma in sostanza significava questo, e adesso che finalmente il momento è arrivato io non sono là. Sono fuori, sono fuggito e mi sono nascosto.» La sofferenza, la sensazione di perdita, la consapevolezza di essere tagliato fuori da tutto crebbero in modo palpabile e lo fecero piegare in due come se avesse ricevuto un colpo violento nello stomaco. Come se fosse stato fisicamente scaraventato all’indietro e adesso stesse cadendo, impotente, senza nulla a cui aggrapparsi. Strinse invano le dita nell’aria, agitandosi come una marionetta. Nonostante tutto ci provava.

«È finita» gli disse Nicholas, senza provare a essere gentile, e senza nemmeno volerlo. «È finita per lei come persona ed è finita per tutti noi.» Perché, si disse, io dirò loro la verità.

Si scrutarono in silenzio, con Adams che fissava il vuoto, perso nei recessi in cui continuava a precipitare. Entrambi senza amicizia, e senza il minimo calore. Separati l’uno dall’altro in modo totale.

E con il passare dei secondi il vuoto, lo spazio tra loro, si allargò. Fino a che anche Nicholas percepì la presa di quella che Joseph Adams chiamava la nebbia. La silenziosa nebbia dell’anima.

«E va bene» concluse in un rantolo Adams. «Si metta pure a farneticare la verità; faccia rappezzare qualche radiotrasmittente a onde corte da quattro soldi e informi il formicaio più vicino, trasmetta il Verbo... ma io me ne tornerò alla mia tenuta e mi metterò a rovistare nella mia biblioteca, dove dovrei essere adesso, e scriverò un discorso. Senza dubbio, al di là di ogni paragone, il miglior discorso che abbia mai scritto in tutti questi anni. Il culmine. Perché è questo che ci serve. Ancora migliore di quanto possa fare Lantano; se proprio devo farlo sono in grado di superare anche lui... non c’è nessuno che se la cavi meglio di me, nel mio lavoro. So che è così. E allora vedremo, Nick: aspetteremo un po’ e vedremo chi vince, chi crederà a chi e a che cosa, quando finalmente tutto questo sarà finito. Lei ha la sua occasione e io non voglio lasciarmi sfuggire la mia... non intendo essere lasciato indietro. Scartato.» Piantò gli occhi su Nicholas.

Senza fiato, tutta eccitata, Rita corse lungo il corridoio verso suo marito. «Nicholas, ho appena sentito... la guerra è finita e noi potremo tornarcene su. Finalmente cominceremo a...»

«Ma non subito» la interruppe Nicholas. «Non sono pronti: le condizioni in superficie non sono ancora quelle giuste.» Restituì a Adams lo sguardo fisso, eccitato e sofferente. «Non è vero?»

«No, non sono ancora pronti» replicò Adams con lentezza, in modo meccanico, come se fosse già andato e lì rimanesse pochissimo di lui in grado di rispondere. «Ma col tempo» aggiunse «le condizioni saranno giuste. Come ha detto lei.»

«Ma è vero» insistette Rita, ancora con il fiato corto. «Abbiamo vinto noi; il nemico, il Bloc-Pop, si è arreso ai nostri plumbei. Lo ha detto Yancy, in collegamento con tutti i cubicoli. Io l’ho sentito di sotto.» Vedendo l’espressione sul volto di suo marito, si affrettò ad aggiungere, balbettando un poco: «Non è soltanto una voce. Lo ha detto Yancy in persona, il Protettore.»

Nicholas si rivolse a Adams: «Che ne pensa di questo? Lei potrebbe dire loro... dire a tutti noi che è una sorpresa. Per il nostro compleanno.»

«No» rispose deciso Adams, pensando nuovamente ad alta velocità e soppesando ogni parola di Nicholas. «Non va bene. Non funzionerebbe.»

«Il livello delle radiazioni...» disse Nicholas. Si sentiva stanco, ma non troppo, tutto sommato, e nemmeno troppo pessimista, e per niente disperato. A dispetto di ciò che vedevano lui e Adams: il compito che piano piano si era avvicinato, senza che nessuno se ne accorgesse, in tutti quegli anni di attesa e, per ognuno di loro, improduttivi. «La radioattività» aggiunse Nicholas.

Al che lo sguardo di Adams si accese.

«La radioattività» ripeté Nicholas «dopo tanto tempo è finalmente scesa a livelli tollerabili. È così, non le pare? E in tutti questi anni voi siete stati costretti a dire... non avevate scelta, nemmeno una. Era moralmente e praticamente necessario dire... che la guerra continuava. Altrimenti la gente si sarebbe precipitata in superficie, e lei sa che la gente si comporta sempre così.»

«Stupidamente» convenne Adams, con un lento cenno del capo.

«Troppo presto» disse Nicholas. «Il modo in cui gli uomini agiscono nella loro stupidità e le radiazioni... tutto questo li avrebbe uccisi. Perciò, a guardar bene, la vostra è stata una forma di autosacrificio. Il genere di responsabilità morale che implicava la vostra leadership. Che gliene sembra?»

«Io so» disse piano Adams «che ci verrà in mente qualcosa.»

«Lo so anch’io» confermò Nicholas. A parte un piccolo particolare, disse poi a sé stesso, abbracciando sua moglie e avvicinandola a sé.

Che non lo farete.

Perché noi non ve lo permetteremo.

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