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Progetto di opere future (P.P. Pasolini)

Posted by bu on Sun, 27 Feb 2022 17:25:16 +0100 in “Citazioni”, “Commenti”, “Fiction”, “Poesia”, “Storia” and tagged with “Pier Paolo Pasolini”, “Rivoluzione”

Last modified on Sat, 21 May 2022 05:36:22 +0200

PROGETTO DI OPERE FUTURE

(Novembre-Dicembre 1963 – da /Poesia in forma di rosa/, 1964)

(Con un piccolo commento mio alla fine)

Anche oggi, nella malinconica fisicità

in cui la nazione è occupata a formare un Governo,

e il Centro-Sinistra ai fragili linguisti fa

fremere gli organi normativi-l'inverno

imbeve di oscura luce le cose lontane

e accende appena, mauve e verde, le vicine, in un esterno

perduto nel fondo delle età italiane ...

con le terre azzurre di Piero sgorganti da indicibili

azzurrini di Linguadoca ... se non da siciliane

azzurrità di Origini ... che qui, nelle rozze appendici

degli squisiti Centri, sono verdi e mauve,

per fango e cielo, limoni e rose ... occhi di Federici

con metà cuore in cerchi di mandorli rupestri dove

cade luce d'Arabia, l'altra metà in qualche avvallamento

imperlato di nebbia: con Alpi lontane, follemente nuove..

Impazzisco! E' tutta la vita che tento

di esprimere questo sgomento da Recherche

-che io sentivo già bambino, sul Tagliamento,

o sul Po, più vicino alle matrici-alla cerchia

dei miei isoglotti-sordi, per abitudine

a ogni privata, infantile, incerta

pre-espressività, dove il cuore sia nudo.

Ma io-fidando che qualcosa prima di morire

i mille miei tentativi portino ai giudici

nell'epoca in cui l'italiano sta per finire

perduto da anglosassone o da russo,

torno, nudo, appunto, e pazzo, al verde aprile,

al verde aprile, dell'idioma illustre

(che mai fu, mai fu!), alto-italiano ...

alla Verderbnis franco-veneta, lusso

di atticciate popolazioni fuori mano ...

al verde aprile-con la modernità

d'Israele come un'ulcera nell'anima

dove io Ebreo offeso da pietà,

ritrovo una crudele freschezza d'apprendista,

nelle vicende dell'altra (funebre) metà

della vita ... Mi rifaccio cattolico, nazionalista,

romanico, nelle mie ricerche per “/bestemmia/”,

o “/la divina mimesis/”-e, ah mistica

filologia!, nei giorni della vendemmia

gioisco come si gioisce seminando,

col fervore che opera mescolanze di materie

inconciliabili, magmi senza amalgama, quando

la vita è limone o rosa d'aprile.

/Merde!/ Cercare di spiegare come vanno

le cose della lingua, senza inferire

concomitanze politiche! unità

linguistica senza ragioni di vile

interesse, senza l'insensibilità

di una classe che se ne frega di elezione

gergale-letteraria! Professori del ca.,

neo o paleo patrioti, teste coglione

in tanta scienza, che dal XII al XIV secolo

vedono solo testi in funzione

di altri testi ... Basta: cieco

amore mio! Ti eserciterò in ricerche

translinguistiche, e a un testo opporrò un Veto,

e a tre testi tre Santi, e a una cerchia

letteraria tradizioni di cucina,

liti di confine: e nell'Anno della scoperta

di un testo omologato, da amanuensi di lingua patavina

per stupidità o vanità che sia, ricercherò

cosa facevano i pittori, di cascina in cascina

nella verde-sublime luce delle terre del Po ...

ma soprattutto che cosa voleva

la classe al potere: una qualsiasi, che non so.

Ne comporrò un'opera mostruosa, coeva

alle Anti-opere, per lettera 22, della nuova moda,

vecchia figuratività nel fianco della giovane leva.

Ma bisogna deludere. Solo una nobile broda

d'ispirazioni miste, demistifica,

se miracolosamente il caos approda

a una plastica chiarezza, mettiamo, di grifi

romanici-coscioni, collottole, toraci

gonfi come pane, di pietra grigia che codifica

la piena Realtà. Taci, taci,

voce di ogni Ufficialità, qualunque tu sia.

Bisogna deludere. Saltare sulle braci

come martiri arrostiti e ridicoli: la via

della Verità passa anche attraverso i più orrendi

luoghi dell'estetismo, dell'isteria,

del rifacimento folle erudito. Splendidi,

per ragioni diverse da quelle romantico-

nazionalistiche, giorni delle prime vendite,

dei primi contratti! Se avrò poi cuore bastante

scriverò anche una “/passionale storiadella poesia italiana/”, oltre che un'ancora vacante

“/morte della poesia/” (ma io so, pieno di gloria

giovanile, che per me è ancora aprile,

son pieno di limoni e di rose ...) In quella “/storia/”

(scritta in ottave, per ironia) “terrò a vile”

ogni precedente sistemazione, e, sotto il segno

primario di Marx, e quello, a seguire,

di Freud, ristabilirò nuove gerarchie nel regno

degli amori poetici: e alla esistenza

letteraria opporrò, col mio umiliato ingegno,

la nozione di Inespresso Esistente, senza

di cui ogni cosa è mistero:

finché non ci fu, così recente, la chiara coscienza

delle classi che dividono il mondo, il magistero

stilistico fu dominato sempre da ciò

che non poteva dire (o sapere): ma c'era.

Gioco dialettico sprofondato nel profondo, oh

sì!, da ricostruire stilema per stilema,

perché in ogni parola scritta nel Bel Paese dove il No

suona, c'era opposto allo stile quel Sema

imposseduto, la lingua di un popolo

che doveva ancora essere classe, problema

saputo e risolto solo in sogno. Fioco

per lungo silenzio brucerò poi in un “/altro monologo/”

la rabbia impotente contro il mondo broccolo

tombale di Dallas, con un volo

di due versi per Kennedy, e una lassa

di settanta volte sette (mila) versi, per Coro

e Orchestra, con settantamila violini e una grancassa,

(e un disco di Bach), “/citazione brechtiana/”

o “/canti della dissacrazione/”, che sia, melassa

plurilinguistica o matassa monolitica: in cui vana

apparirà /tutta la storia in quanto opera di pazzi.pazza fu l'adolfa pazza la giuseppa pazza l'elite [americanapazza l'ideologia pazze le chiese pazzii campioni di ideologie e di chieseche ricattano i buoni e stupidi normali pazzii rivoluzionari pieni di benpensare borgheseche continuano semplicemente a essere depositaridel ricatto moralistico all'uomo./ Accese

dunque queste espressionistiche candele agli altari

del Sesso, tornerò alla Religione.

E scriverò all'imperterrito Moravia, una “/pasolinariasui modi d'esser poeta/”, con la relazione

tra segno e cosa --- e finalmente

svelerò la mia vera passione.

Che è la vita furente [o nolente] [o morente]

-e perciò, di nuovo, la poesia:

/non conta né il segno né la cosa esistente/,

ecco. Se l'uomo fosse un Monotipo nella Subtopia

di un mondo senza più capitali linguistiche,

e disparisse quindi la parola da ogni sua via

dell'udire e del dire, lo stringerebbero mistici

legami ancora alle cose, e ciò che le cose

sono, non fissato più nei tristi

contesti, sarebbe sempre nuovo, colmo di gaudiose

verità pragmatiche-non più strumentalità,

travaglio che le traduce in limoni, in rose ...

ma sempre e solo, luce, com'è la realtà

delle cose quando sono nella memoria

alla soglia dell'essere nominate, e già

piene della loro fisica gloria.

Se poi dovessi scoprirmi un cancro, e crepare,

lo considererei una vittoria

di quella realtà di cose. Finita la pietà figliale

per il mondo, che senso ha ancora il frequentarlo?

Ah, non stare più in piedi nel sapore di sale

del mondo altrui (piccolo-borghese, letterario)

col bicchiere di whisky in mano e il viso di merda,

-ché mi dispiacerebbe solo non rappresentarlo

così com'è-prima che per me uomo si perda-

nella “/divina misesis/”, opera, se mai ve ne fu,

da farsi, e, per mio strazio, così verde,

così verde, del verde d'una volta, della /mi joventud/,

nel mondaccio ingiallito della mia anima ...

Ma no, ma no, è aprile, sono più

fresco d'un giovincello che ama

per le prime volte ... Getterò giù presto, in tono

epistolare, con chiose e parentesi, una buriana

di “motivi accennati”, di “eccetera”, blasoni,

citazioni, e soprattutto allusività

(autoesortativi all'infinito e sproporzioni

di particolari in confronto al tutto), la

prima parodistica terzina fatta pagina magmatica

del Canto I, con fretta di giungere prima della prima metà,

là dove all'Inferno arcaico, enfatico

(romanico, come il centro delle nostre città

dal suburbio ormai per sempre spacciato)

s'inserisce un inserto d'Inferno dell'età

neocapitalistica, per nuovi tipi

di peccati (eccessi nella Razionalità

e nell'Irrazionalità) a integrazione degli antichi.

E lì vedrai, in una edilizia di delizioso cemento,

riconoscendovi gli amici e i nemici,

sotto i cartelli segnaletici dell' “/opera incrementopene infernali/”, /a: i troppo continenti/: Conformisti

(salotto Bellonci), Volgari (un ricevimento

al Quirinale), Cinici (un convegno di giornalisti

del Corriere della Sera e affini); e poi:

i Deboli, gli Ambigui, i Paurosi (individualisti

questi, a casa loro); /b: gli incontinenti, zonaprima/: eccesso di Rigore (socialisti borghesi,

piccoli benpensanti che si credono piccoli eroi,

solo per l'eroica scelta d'una buona bandiera), eccesso

di Rimorso (Soldati, Piovene); eccesso di Servilità

(masse infinite senza anagrafe, senza nome, senza sesso);

/zona seconda/: Raziocinanti (Landolfi) gente che sta

seduta sola nel suo cesso; Irrazionali

(l'intera avanguardia internazionale che va

dagli Endoletterari [De Gaulle] alle vestali

di Pound teutoniche o italiote;

Razionali (Moravia, rara avis, e le ali

degli Impegnati neo-gotici)

Oh, cecità dell'amore!

Lo vidi su due umili gote,

su due occhi di cucciolo: era amore,

perché sorriso, era una bambina

che correva in cuore al sole

nella cecità del suo amore-dritta, meschina,

con quelle gabbanucce stracciate,

sotto un enorme acquedotto, su una banchina

di fango, tra le baracche incatramate,

-che correva, la bambina, nel cuore

del sole, dritta, con le pupille attirate

per cecità di un umile, unico amore,

verso un'altra creatura bambina

che correva verso di lei, nel sole

degli abituri dove era madre, lei-meschina,

nel suo cappotto stracciato,

e correva, creatura verso la creaturina,

col sorriso complice, suscitato

insieme all'altro da uno stesso amore.

Correvano una verso l'altra con l'occhio legato

da quel contemporaneo sorriso nel sole.

Oh Marx-tutto è oro-oh Freud-tutto

è amore-oh Proust-tutto è memoria

oh Einstein-tutto è fine-oh Charlot-tutto

è uomo-oh Kafka-tutto è terrore-

oh popolazione dei miei fratelli-

oh patria---oh ciò che rassicura l'identità

oh pace che consente il selvaggio dolore-

oh marchio dell'infanzia! Oh destino d'oro

costruito sull'eros e sulla morte, come

una distrazione -e i suoi mille pretesti

il riso, la filosofia! Avere illusioni (l'amore)

differenzia, ma in una cerchia consacrata da testi

insostituibili. Torno con Israele in cuore,

soffrendo per i suoi figli-fratelli la nostalgia

dell'Europa romanza, occitanica, con lo splendore

un po' ingiallito ma pieno di un'atroce poesia

delle sue capitali borghesi sui fiumi o sui mari ...

Norma negativa d'amore. La vera via

di chi vuol essere è deludere. Il che fa uguali

tutti fra loro, come i morti:

ma rimette in discussione i sacrali

testi delle cerchie. Perciò, aspettando che porti

un nuovo Grande Ebreo un nuovo /tutto è/

-a cui il mondo sputtanato si rivolti-

bisogna deludere, nel nostro piccolo ... Eh!,

bisogna abbandonare il proprio bel posto al sole

(e voi dovete lasciare Israele, Ebrei!

ché la cecità dell'amore

retrocede le invenzioni a istituzioni,

per reinventare poi solo col cuore;

e combina addirittura nazioni

con l'omertà d'una mamma e una figlietta al sole

-perseguitando, no?, le opposizioni ...)

Quanto a me, tendo pur'io (rabbia) a tale amore,

religione d'un elegiaco figlio,

che vuole a tutti costi farsi onore.

Né si esaurisce peraltro nel groviglio

di vita successa e da succedere: vuole

ridurre tutto al suo ordine di giglio.

Basta, c'è da ridere. Ah oscure

tortuosità che spingono a un “destino d'opposizione”!

Ma non c'è altra alternativa alle mie opere future.

“/opposizione pura/”, “/papa giovanni/”, o “/passione(o archivio) degli anni sessanta/”, che sia,

l'organo dove prima depositerò, in visione

semiprivata, si sa, tali mie opere future, appare come via

senza alternative, a me e alla redazione

degli imberbi deputati all'impegno-picciola compagnia

che vuol sapere: quasi per elezione

di seme. Opposizione di chi non può

/essere amato da nessuno, e nessuno può amare/, e pone

quindi il suo amore come un no

prestabilito, esercizio del dovere

politico come esercizio di ragione.

Infine, ah lo so,

mai, nella mia malridotta passione,

mai fui tanto cadavere come ora

che riprendo in mano le mie tabulae presentiae-

se reale è la realtà, ma dopo

ch'è stata distrutta nell'eterno e nell'ora

dall'ossessa idea di un nulla lucente.

Ma in questa realtà-la nostra-

ansimante dietro i destini delle strutture,

-per ritardo, per ritardo, nella mora

mortuale d'un'epochetta precedente-

o in anticipo, per dolore della fine

del mondo come sua impossibile cessazione

accerto un bisogno struggente

di minoranze alleate. Tornate, Ebrei,

agli albori di questa Preistoria,

che alla maggioranza sorride come Realtà:

perdita dell'umanità e ricostituzione

culturale del nuovo uomo-dicono

gli intenditori. E infatti la cosa è qua:

nell'atmosfera d'una piccola nazione,

che nella fattispecie è l'Italia-si dà

un falso dilemma tra la Rivoluzione e un'Entità

che vien detta Centrosinistra-con rossore

dei Linguisti ... Il nuovo corso della realtà

è così ammesso e accettato. Tornate,

Ebrei, a contraddirlo, coi quattro

gatti che hanno finalmente chiarito

il loro destino: va verso il futuro

il Potere, e lo segue, nell'atto trionfante,

l'Opposizione, potere nel potere.

Per chi è crocifisso alla sua razionalità straziante,

macerato dal puritanesimo, non ha più senso

che un'aristocratica, e ahi, impopolare opposizione.

La rivoluzione non è più che un sentimento.

Se la leggo come tentativo di esprimere una “verità dei tempi” non suscettibile di cambiamento, non condivido la chiusura di questa poesia, «la rivoluzione non è più che un sentimento»; se lo dice invece solo o prevalentemente sul piano personale, come tendo a pensare, resta un gran bel sentimento, almeno per me :-)

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