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Posted by bu on Thu, 10 Mar 2022 18:13:29 +0100 in “Biologia”, “Caos/ordine”, “Citazioni”, “Competitività/cooperazione”, “Scienze” and tagged with “Anarchia”, “Charles Darwin”, “Competitività”, “Competizione”, “Comunismo”, “Cooperazione”, “Darwinismo”, “Individualismo”, “Individuazione”, “Internazionale”, “Jean-Jacques Kupiec”, “Karl Marx”, “La concezione anarchica del vivente”, “Libertà”, “Max Stirner”, “Orsacchiotti”, “Pëtr Kropotkin”, “Rivoluzione”
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Da /La concezione anarchica del vivente/,
di Jean-Jacques Kupiec (elèuthera, 2021)
Capitolo sesto
Risposta ad alcune obiezioni
[...]
/6.4 Il darwinismo non è anarchico/
Associare il darwinismo e l’anarchia nello stesso quadro concettuale potrebbe essere fonte di malintesi che vanno evitati. Una prima precisazione si impone. Quando si fa riferimento al darwinismo per spiegare i meccanismi di embriogenesi non si tratta evidentemente di trasferire il meccanismo preciso della selezione naturale così come viene descritto da Darwin. Si tratta piuttosto di recuperare /in primis/ l’ontologia e la specifica causalità introdotte da Darwin, le quali forniscono un nuovo quadro generale per pensare l’ontogenesi. D’altronde, il meccanismo della selezione naturale non era del tutto precisato in Darwin, dal momento che all’epoca non erano completamente note le modalità della variazione. I biologi di solito fanno riferimento al darwinismo in senso lato quando traspongono la selezione naturale al di fuori del suo originale ambito di applicazione. Che sia nella teoria clonale degli anticorpi o nel darwinismo neuronale citati in precedenza, o ancora nel modello anarchico della differenziazione cellulare, il riferimento al darwinismo indica uno schema generale comune e non un’analogia dei meccanismi in senso stretto, cosa che sarebbe assurda. In ognuno di questi casi quel che si intende esattamente con variabilità e selezione è differente. Del resto, fin dall’inizio l’utilizzo del concetto di «selezione» da parte di Darwin era metaforico.
Per spiegare la sua teoria faceva riferimento alla selezione consapevole effettuata dagli allevatori quando vogliono modificare una linea animale o vegetale, ma anche in quel caso non vi era un’analogia stretta. Nella selezione naturale non c’è un soggetto cosciente paragonabile a un allevatore. Il darwinismo e la concezione anarchica hanno in comune una /modalità causale/ in cui la variabilità è primaria. A questa modalità causale si contrappone la modalità induttiva, la quale implicitamente presuppone che un sistema sia intrinsecamente inerte e che per cambiare di stato abbia bisogno di un segnale che lo metta in movimento{28[1]}. Al contrario, nell’ontologia darwiniana un sistema è intrinsecamente variabile. E non ha bisogno di un segnale che lo animi. La stabilizzazione del sistema in una data configurazione esige invece di essere spiegata{29[2]}. Darwin ha introdotto nelle scienze questa modalità causale, ed è per questo che oggi la sua teoria è un punto riferimento. Ma proprio perché il concetto di «selezione» risulta essere estremamente connotato, bisognerebbe forse inventarne uno nuovo.
Assimilare il darwinismo e l’anarchia è in effetti un’altra possibile fonte di equivoci. Se il darwinismo viene inteso come la legge del più forte in una competizione senza quartiere fra individui, «un combattimento di gladiatori», per riprendere l’espressione utilizzata da Thomas Huxley (1825-1895){30[3]}, e se l’anarchia diventa un’apologia forsennata dell’individualismo, giungiamo a una visione della natura in cui regna la guerra hobbesiana di «tutti contro tutti», impiegata per giustificare il darwinismo sociale{31[4]}. Anche in questo caso si tratta di sminuire in modo caricaturale sia l’uno che l’altra. Per quanto riguarda Darwin, anche se è verissimo che ha paragonato «la lotta per l’esistenza» a un processo malthusiano, ha però messo in guardia i suoi lettori. Ecco quanto afferma per chiarire cosa intenda con questo concetto:
Devo premettere che io uso questa espressione in un senso lato e metaforico che implica la reciproca dipendenza degli esseri viventi e che implica inoltre, cosa ancor più importante, non solo la vita dell’individuo, ma il fatto che esso riesca a lasciare discendenti{32[5]}.
In questa citazione vi sono tre concetti cruciali che invalidano la visione semplicistica della selezione naturale diffusa dai partigiani del darwinismo sociale. La «lotta per l’esistenza» è solo una metafora e sappiamo bene che se una metafora può essere utile per illustrare una teoria, può anche essere fonte di confusione. Subito dopo la citazione di cui sopra, Darwin fa degli esempi:
Possiamo certamente dire che due canidi, in periodo di carestia, lottano l’uno contro l’altro per appropriarsi dell’alimento necessario a vivere. Ma diciamo anche che una pianta sul limitare del deserto lotta per la vita contro la siccità, quando sarebbe più esatto dire che la sua esistenza dipende dall’umidità{33[6]}.
Il primo esempio mostra che a volte è legittimo parlare di «lotta per l’esistenza» in senso proprio, ma il secondo esempio mostra come sia improprio usarlo in generale. Questo secondo caso illustra quello che oggi chiamiamo abitualmente «vincolo selettivo» dell’ambiente. Ogni essere vivente si trova sempre collocato in un ambiente che lo vincola. Nell’esempio citato si tratta della scarsa quantità d’acqua che limita lo sviluppo della pianta. In quel contesto, una pianta in grado di limitare le proprie necessità d’acqua avrebbe un vantaggio nella selezione naturale: si svilupperebbe più facilmente, cosa che le consentirebbe di lasciare più discendenti. Non dobbiamo però proiettare su questo processo l’idea di una competizione fra le piante che sarebbe analoga a quella fra esseri umani. In determinate condizioni, alcuni esseri in possesso di certe caratteristiche acquisite per variazione si moltiplicano meglio, hanno una migliore «attitudine a lasciare discendenti», ma nulla di più. Bisogna quindi intendere la teoria darwiniana senza assumerne /stricto sensu/ le metafore, come suggerisce lo stesso Darwin. D’altra parte, in /L’origine delle specie/ spiega a lungo che «il più adatto» non è il gladiatore più forte ma quello più differenziato, perché può evitare la competizione trovando la propria nicchia nell’ecosistema. È quel che chiama «principio di divergenza»{34[7]}.
Nella penultima citazione di cui sopra troviamo una terza nozione estremamente importante. Prenderla in considerazione significa distruggere completamente la visione semplicistica della selezione naturale come di una lotta senza quartiere fra individui. Darwin parla di «relazioni di mutua dipendenza» fra gli esseri. Nelle stesse pagine spiega che «molti fatti stanno a dimostrare quanto siano complessi e imprevisti gli ostacoli e i rapporti tra gli esseri viventi che devono lottare insieme in uno stesso paese»{35[8]}.
Di fatto, gli esseri viventi sono sempre dipendenti gli uni dagli altri lungo complesse catene di relazioni. Per chiarirlo, Darwin porta l’esempio di una piantumazione di pini in una landa fino ad allora sterile, cosa che consente l’insediamento di altre specie nello stesso luogo e di conseguenza la comparsa di un ecosistema formato da dodici piante, una consistente quantità di insetti e sei specie di uccelli insettivori{36[9]}. Questo aspetto, che smentisce l’interpretazione della «lotta per l’esistenza» come forsennato individualismo, per quanto non venga sistematicamente messo in evidenza nell’esposizione della selezione naturale, rimane però del tutto reale e presente nella natura. Darwin ne era ben consapevole. Certamente fra gli esseri viventi sussiste una parte di competizione, ma essa viene controbilanciata dalla loro mutua dipendenza. Inoltre, anche i comportamenti sociali, molto diffusi fra gli animali, limitano la competizione. Darwin li ha descritti con precisione. Sono ad esempio i lupi che cacciano in branco, i pellicani che pescano insieme, i bisonti che si difendono mutualmente, le sofisticate relazioni delle api, e così via{37[10]}. Sulla scia di Darwin, Pëtr Kropotkin (1842-1921), naturalista e anarchico, ha scritto un intero libro in merito. Moltiplicando gli esempi, ha mostrato come i comportamenti sociali siano un fattore cruciale nell’evoluzione degli esseri viventi{38[11]}. In questo senso va ricordata anche l’importanza delle simbiosi. La coesistenza di popolazioni estranee che procura un reciproco vantaggio è una legge quasi generale nelle piante e negli animali. Sulle radici delle piante vivono dei micro-organismi che, lungi dal parassitarle, le aiutano invece nelle loro funzioni nutritive. Lo stesso accade negli animali. I batteri che vivono dentro di noi non sono estranei che vivono a nostre spese: al contrario, ci aiutano a compiere le nostre funzioni. È il caso di quelli che costituiscono un vero e proprio ecosistema batterico nel nostro tubo digerente{39[12]}. In alcuni casi la simbiosi porta a pura e semplice assimilazione: esseri viventi di specie diverse si fondono completamente per il loro bene comune. Questo è accaduto in una tappa molto importante dell’evoluzione, senza la quale noi non esisteremmo: i mitocondri delle nostre cellule derivano da batteri primitivi che sono stati assimilati da altre cellule, cosa che ha consentito l’evoluzione delle cellule eucariote{40[13]}. Bisogna sempre tenere a mente la complessità delle relazioni fra gli esseri viventi, che sono ambivalenti, fatte di un mix di competizione, mutua dipendenza e cooperazione. Non c’è vita senza relazione e la relazione fra gli esseri viventi implica competizione e cooperazione al tempo stesso. Questi due aspetti sono inseparabili come due facce della stessa medaglia.
Anche il riferimento all’anarchia invita a una precisazione, visti i differenti significati che il termine può avere. Vanno scartati due estremi. Come si è ben compreso non parliamo di un anarchismo individualista come quello di Max Stirner (1806-1856){41[14]}. L’autogestione a cui alludiamo non si riferisce neanche a una società collettivista che elimina del tutto l’individualità e nella quale non esisterebbe alcun conflitto. Non è questo il punto di vista della maggior parte degli anarchici, il cui ideale non è per forza quello di una società fatta di teneri orsacchiotti di peluche. Kropotkin ha ben evidenziato come la vita sociale comporti vincoli che limitano la libertà. La differenza fra una società anarchica e una società statalista risiede nel fatto che in quest’ultima i vincoli sono imposti dalla legge, mentre nella prima ognuno deve integrarli da sé nelle proprie relazioni con gli altri. Kropotkin afferma esplicitamente che l’uomo non è mai interamente libero e che l’individualismo assoluto è impossibile:
Robinson Crusoe nella sua isola non era /assolutamente libero/, nel senso attribuito a questi termini nelle discussioni. Quando cominciò a costruire una zattera, o a coltivare un orto, o a far provviste per l’inverno, venne assorbito, dominato dal suo lavoro. Anche se aveva voglia di rimanere in ozio, sdraiato nella sua caverna, esitava un po’, ma poi tornava al lavoro iniziato. Quando più tardi ebbe per compagno un cane, possedette due o tre capre, e soprattutto incontrò Venerdì, egli si trovò ad avere degli /obblighi/, dovette prendere in considerazione l’/interesse altrui/; non fu più l’/individualista perfetto/ di cui qualcuno ama tanto parlarci{42[15]}.
Quindi, l’obiettivo della società anarchica è garantire lo sviluppo dell’individualità, cioè la piena individuazione dei suoi membri, che non va confusa con l’individualismo:
C’è un altro punto, della massima importanza, che si impone all’attenzione di ogni spirito libertario. Oggi appare sempre più evidente che senza comunismo{43[16]} l’uomo non potrà mai riuscire a raggiungere quel completo sviluppo dell’individualità che è, forse, il più potente desiderio di ogni essere pensante. È assai probabile che questo punto essenziale sarebbe stato accettato molto tempo fa, se non si fosse sempre confusa l’/individuazione/ – ossia lo sviluppo completo dell’individualità – con l’/individualismo/. Ma l’individualismo – è ora di capirlo – non è altro che l’/Ognun per sé e Dio per tutti/ del borghese, il quale credette di poter trovare il mezzo di liberarsi dalla società imponendo ai lavoratori il servaggio economico sotto la protezione dello Stato, ma che ora si accorge di essere diventato a sua volta un servo dello Stato{44[17]}.
Fatte queste precisazioni, si può adesso capire cosa permette un riferimento congiunto al darwinismo e all’anarchia. Se da una parte è vero che il darwinismo include la competizione fra gli individui, generalmente assente in una concezione anarchica, dall’altra sussiste un’amplissima convergenza che giustifica l’accostamento. Darwinismo e anarchia si oppongono all’idea di un ordine prestabilito che si imporrebbe alla natura e alle società umane. Entrambi privilegiano la visione di un’autocostruzione a partire da relazioni dirette fra esseri viventi o umani, nelle quali la mutua dipendenza e la cooperazione sono elementi chiave. In entrambi i casi questa autocostruzione porta all’individuazione di esseri viventi o di umani. La concezione anarchica del vivente estende questo quadro teorico all’ontogenesi. Rinnega l’ordine, il centralismo, la sottomissione a un programma. Considera il corpo vivente autogestito dalle sue cellule, le cui interazioni ambivalenti portano alla loro individuazione.
[Note del capitolo]
{28[18]}. Si veda il paragrafo 5.2.
{29[19]}. Kupiec, /A probabilist theory for cell differentiation, embryonic mortality and DNA C-value paradox/, /cit./
{30[20]}. Thomas H. Huxley, /Struggle for Existence and its Bearing upon Man/, «Nineteenth Century», n. 23, febbraio 1888, p. 165 [trad. it. /La lotta per l’esistenza nella società umana/, in /Evoluzione ed etica e altri saggi/, Bollati Boringhieri, Torino, 1995].
{31[21]}. Renaud Garcia, /La Nature de l’entraide. Pierre Kropotkine et les fondements biologiques de l’anarchisme/, ens Éditions, Paris, 2015.
{32[22]}. Darwin, /L’Origine des espèces/, /cit./, p. 112.
{33[23]}. /Ibidem./
{34[24]}. /Ibid./, pp. 161-178.
{35[25]}. /Ibid./, p. 120.
{36[26]}. /Ibid./, pp. 120-122.
{37[27]}. Charles Darwin, /La Filiation de l’homme/ (1871), Honoré Champion, Paris, 2013, pp. 235-246 [trad. it. /L’origine dell’uomo e la selezione sessuale/, Newton Compton, Milano, 2017].
{38[28]}. Pëtr Kropotkin, /L’Entraide. Un facteur de l’évolution/ (1902), Les éditions écosociété, Montréal, 2001 [trad. it. /Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione/, elèuthera, Milano, 2020].
{39[29]}. Marc-André Sélosse, /Jamais seul. Ces microbes qui construisent les plantes, les animaux et les civilisations/, Actes Sud, Arles, 2017.
{40[30]}. Lynn Margulis, /Origin of Eukaryotic Cells/, Yale University Press, New Haven-London, 1970.
{41[31]}. Max Stirner, /L’Unique et sa propriété/ (1844), La Table ronde, Paris, 2018 [trad. it. /L’Unico e la sua proprietà/, Demetra, Verona, 1996].
{42[32]}. Pëtr Kropotkin, /La Science moderne et l’Anarchie/ (1913), Éditions Tops/H. Trinquier, Antony, 2015, p. 119 [trad. it. /Comunismo e anarchia/, Volontà, Ancona, 1920]. In questo libro Kropotkin tratta ampiamente l’argomento in questione, si vedano le pp. 118-124.
{43[33]}. Kropotkin allude evidentemente alla società comunista libertaria, da non confondere con il comunismo autoritario marxista.
{44[34]}. Kropotkin, /La Science moderne et l’Anarchie/, cit., p. 122.
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