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Manfred

Posted by bu on Sun, 27 Feb 2022 17:30:26 +0100 in “Senza categoria” and tagged with “Andrea Pazienza”, “Fumetto”, “George Byron”, “Letteratura”, “Manfred”, “Pompeo”, “Teatro”

Last modified on Sun, 27 Feb 2022 17:32:11 +0100

«Ma io so fare ciò che più aborro» è una frase che mi colpì molto quando lessi il /Pompeo/ di Pazienza, e che mi torna in mente abbastanza spesso. Mi son sempre chiesto «Ma chi sarà questo Manfred?», e oggi ho scoperto che è il /Manfred/ di Byron, da cui Carmelo Bene trasse per {questo spettacolo[1]} una riduzione in italiano che riporto sotto perché la trovo bella.

Ecco, si spegne il lume. Nuovamente

m’è forza rianimarlo, anche se certo

morrà di nuovo prima del mio tempo

d’insonnia... Il sonno mio - pure io dormiente -

non è sonno: è continuo un pensiero

ostinato

e gli occhi miei si chiudono

solo a guardarmi dentro...

Eppure io vivo. Ho l’aspetto la forma

il respiro degli uomini viventi...

Sapere è patire. Sventura

è la scienza. Coloro che più sanno

più amaramente devono

piangere il vero fato:

l’albero della scienza non fu mai

l’albero della vita.

Filosofia Meravigliosa Scienza

Conoscenza del mondo Idee sovrane

tutto provai. Tutto compresi e tutto

abbracciai col mio genio. A nulla valse.

Vano fu il tutto. Ho aiutato gli uomini

E qualcuno perfino mi aiutò.

A nulla è valso...

Bene Male Passioni Energia Vita

di che son fatti gli altri

sono per me una pioggia su la sabbia

- dopo quella mia ora innominabile. -

Non conosco terrore. Non sento

la dannazione di poter provare

paura al naturale, movimento

del cuore che batte di speranza,

desiderio d’amore

nascosto per un essere terreno...

Ora... al mio compito!...

Voi, misteriose forze, spiriti

che ho cercato nelle tenebre

e nella luce,

voi che vagate sulla terra, dentro

le più sottili essenze,

abitanti le cime inaccessibili

dei monti e gli abissi

della terra e del mare,

io vi scongiuro in nome dell’incanto scritto

che a me v’asserve: destatevi!

Apparite (Pausa)

Non si mostrano ancora... Per la voce

che vi comanda...

per questo segno che vi fa tremare...

per il sacro diritto dell’Eterno...

Mostratevi! Apparite, apparite!...

Se così deve essere,...

spiriti della terra e dell’aria,

voi non mi eluderete...

per un potere ancora più profondo,

per la malìa concepita in una stella

maledetta, rovina incandescente

d’un mondo distrutto

inferno errante nello spazio immenso,

per l’anatema eterno che mi pesa

terribile nell’anima,

il pensiero ch’è dentro e intorno a me,

Apparite! Ve l’ordino! Apparite!

(... Una stella appare nel fondo oscuro della galleria... Una voce canta...)

«Inchinato al suo voler

o mortale scendo a te,

da un castello su nel ciel

che il tramonto edificò

fosse reo pure quel che cerchi

obbedisco al tuo scongiuro

obbedisco al tuo poter

Manifesta il tuo desir!

Nel profondo blu dell’acque

che mai l’onda toccò

dove il vento è straniero

vive il serpente del mar,

la sirena s’adorna

di verde color

come d’uragano

tua malia venne a me

allo spirito del mare

rivela i tuoi desir.»

«Dove l’ande han radici profonde nel suol,

quanto alte si ergon lor cime nel ciel,

là, mia patria lasciai tuo comando a obbedir

tua malìa m’incatena, comandami tu.

Pria che la terra fosse io reggea la stella al tuo destin!

Davanti a te da te chiamati gli spiriti stan...

de l’aer del mare della terra della stella tua,

che vuoi tu da noi, o mortal, dì!»

Che vuoi da noi, mortale?

...L’oblio.

...di che?

di ciò che è in me... leggetemi.

Lo sapete. Io non posso nominarlo...

Possiamo darti solo quanto abbiamo;

domanda a noi, tuoi sudditi

sovranità, potere sulla terra

tutta o in parte o un segno

a dominare gli elementi

- uno o tutti - di che noi disponiamo.

È tuo.

Oblio, oblio di me. Dai tanti regni

oscuri che mi offrite non potreste

estrarre solamente quanto chiedo?

No. Trascende la nostra abilità...

Ma... Puoi morire...

E la morte potrà darmi l’oblio?

Siamo immortali e non dimentichiamo.

Siamo eterni e il passato è presente

e futuro.

Vi beffate di me che vi ho evocato:

Schiavi, non irridete il mio potere!

Lo spirito, la mente la scintilla

promètea, lo splendore del mio essere

è, come il vostro, penetrante, alato

anche se cinto dalla creta inerte.

Rispondete! O vi mostro chi sono!

Ti rispondiamo come già risposto:

la risposta è nel tuo domandare.

Parlate!...

Se la tua essenza è simile alla nostra,

(quel che i mortali chiamano morire

non ha senso tra noi)...

Dunque dai vostri regni

vi avrò evocato invano.

Altro. Domanda altro.

Regno dominio forza lunga vita

Maledetti! Che importa a me dei giorni?

Sono già troppo lunghi.

Andate via. Sparite!

Pensa: non v’è altro dono

che non appaia inutile a tuoi occhi?

Niente. Nessuno!... Ma restate ancora

prima di separarci, un solo istante.

Vorrei vedervi in volto apertamente.

Sento le vostre voci melanconiche

dolci come di musica sull’acqua;

e vedo il volto fermo d’una stella

splendente e nulla più - Statemi appresso.

Mostratevi - uno alla volta o tutti -

Ma nelle forme usate...

Non ne abbiamo.

Scegli una forma tu. Ti appariremo

in essa...

Che importa scegliere?

Non v’è al mondo una forma bella o turpe

per me. Chi è più possente

tra voi scelga ed assuma

quella forma che più gli s’addice...

Guarda...

Dio mio, se fosse vero. Se non fosse

sogno demente o frode...

potrei essere ancora felice...

Abbracciarti... E saremo di nuovo...

il mio cuore... mi manca...

«Quando sull’onde poggerà la luna,

la lucciola tra l’erbe brillerà,

la fiamma guizzerà sulla laguna,

le tombe la meteora lambirà. »

«Sia pur profondo il tuo notturno sonno.

L’anima tua non potrà mai dormir;

ombre vi sono che vanir non ponno,

pensieri che mai tu non potrai bandir.

Per un poter, per un segreto incanto,

non sarai solo fino al tuo morir.

Tu in volto sei con un funéreo ammanto,

Nebbia ti cinge che non può svanir.

Benché, vedermi dato a te non fia,

l’influsso sentirai che vien da me:

Siccome cosa, che invisibil, pria,

esser deve mai sempre accanto a te.

E quando nel terror che il cor t’ingombra,

ti volgerai nell’orme del tuo piè;

Sorpresa proverai che pari all’ombra

che in terra stampi, l’ombra mia non è.»

Esser ridotto a tale...

Vecchio d’angoscia, come questi pini

rovinati da un solo inverno,

spogli di scorza e rami, fulminati

tronchi dannati a una radice infetta

destinata soltanto a dare il senso

di questo suo corrompersi. Esser tale,

in eterno, e così diverso prima...

Solcato nella fronte, non dagli anni,

o dall’ore in travaglio, ma da istanti

più lunghi e torturati dell’eterno.

Esser ridotto tale e sopravvivere...

Oh, valanghe che un soffio fa precipiti

sopra e sotto di me paurosamente

sento il vostro rombare distruttore.

Schiacciatemi! Ma voi passate solo

Sulle cose che vogliono vivere!...

(Manfred e il cacciatore di camosci)

È meglio avvicinarsi

con cautela; un rumore improvviso

gli sarebbe fatale...

... I monti cadono

travolgendo le Alpi a lor compagne

e le nubi squarciando, riempiono

le valli verdeggianti di spavento

e rovina ...

...Sta’ fermo, amico, attento,

ti sarebbe fatale un solo passo,

per amor della vita non sostare

così sul precipizio! Anche se stanco

di vivere, non devi col tuo sangue

colpevole macchiare queste pure

convalli. Non ti lascio! Tienti a me!...

Ho il cuore infranto, no!, non mi tenere

così stretto. Io son tutto debolezza ...

... Vieni con me. S’annerano le nubi...

Ecco, appòggiati a me ... posa il tuo piede

così ... col mio bastone ... Tienti stretto

a quel cespuglio ... dammi la tua mano.

piano. Bene ... così

... Non importa. Conosco la mia strada.

Non mi serve una guida

Figura e portamento, le tue vesti

ti rivelano nobile

...che importa?

Perdona la domanda e sii più allegro.

Gusta un po’ del mio vino è d’una antica

vendemmia

...no!, c’è sangue sulle labbra

del tuo bicchiere. Non mi sarà dato

dunque mai che la terra l’assorba!

Che vuoi dire? Sei pazzo?

Dico è sangue!

il mio sangue; l’umore puro e caldo

che scorre nelle vene dei miei padri

e nelle nostre quando noi eravamo

giovani ed avevamo un cuore solo,

e ci amavamo come non avremmo

dovuto amarci. E, sparso, mi riappare

colorando le nubi che mi chiudono

il cielo ove non sei e non sarò mai.

Qualunque sia il tuo male, hai da soffrirlo.

E non lo soffro, forse? Guarda: io vivo!

Una vita ch’è eterno delirio ...

Ho vissuto lunghissimi anni molti:

nulla a fronte degli anni che m’è dato

ancora numerare. Età, età, spazi,

eternità, coscienza, questa sete

di morte, estinta mai ...

... sul volto impressa

sta la tua mezza età ...

... Credi tu forse

che la vita dipenda dal tempo?

Epoche nostre sono i nostri gesti.

I gesti miei hanno reso giorni e notti

eterne, innumeri, uniformi: sabbia

deserto vuoto, freddo, furia infrangersi

d’onde, e nient’altro ha posa che carcasse

e i marci legni del naufragio, rocce

e amarezza d’alghe

Tu sei pazzo!

Il cielo ti dia pace e il pentimento

ti conforti e ti renda a te stesso.

Per te voglio pregare

Non mi serve!,

ma posso sopportare la tua pietà ...

(Appare la Maga delle Alpi)

O mirabile Spirito capelli

di luce abbaglianti

occhi di gloria

sulla tua fronte ferma e chiara

dove si specchia l’anima serena

pura immortale leggo

che tu perdoni a un figlio della terra,

se si avvale di questi suoi incantesimi

per evocarti così

per contemplarti un attimo

Figlio della terra!, io ti conosco. So

chi ti dà potenza. Ti so uomo di

molti pensieri e imprese tante

vili ed oneste in entrambe estremo.

Agli altri e a te fatale nel tuo soffrire.

Che vuoi da me?

Contemplarti. Nient’altro.

L’aspetto della terra

mi ha fatto impazzire.

Cerco rifugio nei suoi misteri

Ho chiesto all’invisibile

quel che non può concedermi

... Una grazia ...

... Racconta ...

È una tortura, ma che importa,

il mio dolore troverà una voce.

Alla mia giovinezza fu accordata

un’anima diversa

dalla comune argilla a me compagna

il mio genio mi fece straniero

in questa terra. Tra le creature

che m’ebbi attorno, una soltanto

... ma di Lei più tardi ...

La mia gioia fu sola: nelle notti

mute seguire il corso della Luna

lenta e degli astri, e i fulmini

accecanti fissare fino a chiudere

gli occhi; e ascoltare le foglie disperse

e i canti serali mormorati

dai venti dell’autunno. Tutto qui

il mio piacere. E l’essere solo ...

Sprofondai nei miei viaggi solitari

nelle caverne della morte, sempre

cercandone le cause nei suoi effetti;

... da ossami disseccati, teschi e polvere

trassi vietate conclusioni.

Per anni spesi le notti in antiche scienze:

- tempo e travaglio e prove tremende -

Astinenze che sole possono

sull’aria e sugli spiriti,

sullo spazio - popolato infinito;

ho gli occhi miei assuefatto a quell’eterno

come prima di me fecero i maghi.

E con la scienza crebbe la mia sete

di scienza ...

Io non ho nominato padre o madre,

amante, amico, o altri con cui avessi

legami umani, o tali a me non parvero.

... Una vi fu ...

Non risparmiarti. Segui

I nostri lineamenti si assomigliavano

occhi, capelli, tratti ... la sua voce!,

la dicevano simile alla mia.

Ma il tutto assai più dolce e temperato

dalla bellezza. E non soltanto questo,

ma più grazia che in me: pietà, sorrisi,

lacrime a me ignote, tenerezza

ch’io ebbi, ma solo per lei ...

e umiltà, a me estranea, sempre.

I suoi difetti erano anche i miei,

tutte sue le virtù ... L’amai e distrussi.

Con le tue mani?

Non con le mie mani.

Il mio cuore spezzò il suo cuore:

il suo fissò il mio e appassì.

E per costei, per un essere della razza

che disprezzi, rinunzi ai doni

della nostra scienza? ...

Figlia dell’aria, dico, da quell’ora ...

Le parole non sono che fiato.

Guardami nel mio sonno, nelle veglie.

Restami accanto ...

questa mia solitudine non è più solitudine.

Popolata è da Furie ...

Ho invocato la follia come una grazia

Ho affrontato la morte, ma la mano ghiaccia

d’un demone spietato mi trattenne

per un capello che non volle rompersi.

Sprofondai fra gli uomini,

dappertutto cercando l’oblio

tranne là dove lo si può trovare:

questo ancora mi resta da sapere,

solo in questo la mia scienza è mortale,

Abito questa mia disperazione

e vivo, vivo per sempre.

Forse posso aiutarti

Il tuo potere

dovrebbe allora risvegliare i morti

o addormentarsi con essi. Fallo!

Come vuoi, quando vuoi, torturami,

purché sia l’ultima volta.

Tanto io non posso. Ma se giuri

obbedienza al mio volere

Obbedire? Chi? Spiriti ch’io comando?

Farmi schiavo di chi mi serve? Mai!

Non hai risposta più cortese? È tutto?

Allora posso ritirarmi?

... Sì ...

... Posso evocare i morti e domandare

cos’è quello che noi temiamo d’essere ...

Non fossi mai vissuto, Lei che amo

sarebbe ancora viva; Lei che amo

sarebbe ancora bella e felice,

se non avessi amato. Dov’è ora?

Che cosa è ora? Una che soffre

per i miei peccati. O forse nulla.

Fino a quest’ora non ho mai temuto

d’evocare spiriti buoni o perfidi.

Tremo e mi gela stranamente il cuore.

Ma io so fare quel che più aborro.

(... La vetta dello Jungfrau.

Entra il primo destino ...)

La nave veleggiava veleggiava

rapida. Non le ho lasciato una sola

vela. Non un solo albero, non una tavola

della sua coperta, né un disgraziato,

vivo, per lamentarsi del suo naufragio.

Uno solo salvai per i capelli: pirata in

mare, traditore in terra. L’ho salvato

soltanto a che prepari nuove distruzioni,

tutte per me ...

... La città giace addormentata.

Il mattino, per deplorarla, albeggerà

su lei in lacrime. Lenta e sinistra

la nera peste ... dolore e angoscia, terrore

e male ammantano una nazione tutta.

Benedetti i morti che non vedono

il quadro della loro desolazione

(Manfred strappa il foglio e cestina)

(forte, annuncia, sfidando ...)

Reggia di Arimane.

Arimane sul trono che ha forma

di globo di fuoco, circondato da spiriti!

(Inno degli spiriti)

Gloria al signore, re di terra e ciel

che va su nubi ed acque

in sua man lo scettro sta degli elementi

che in polvere van nel nulla al suo voler.

Respira l’onda, solleva il mar

Ei parla

risponde il tuon.

Risponde al suo comando

il sol s’oscura al suo guardar

si muove scuote il mondo il terremoto

vulcani sorgon dove posa il pié

peste è sua ombra

crepitan comete in ciel

al passaggio d’Arimane

comete al passaggio d’Arimane.

Pianeti incenerisce l’ira sua

la guerra offrì di sangue a Lui gli altar

La morte egli è, la vita gli appartiene.

Con l’infinito peso d’agonia

egli è lo spirito di ciò che v’è!

Chi è mai là? Un mortale!

Temerario e vile,

prostrati e adora!

Trema e obbedisci!

Prostrati a terra, sol argilla sei,

tu nato in terra non ci dei tentare.

Io lo conosco e tuttavia,

vedete, non m’inchino!

(Coro)

Schiacciate il vil strappatelo a brandelli.

Indietro, indietro! Costui

m’appartiene!

Che vuoi?

Che vuoi?

Tu non mi puoi rispondere. Chiama i morti!

La mia domanda è a loro!

Grande Arimane, la tua volontà

consente ai desideri di questo mortale?

Sì.

Chi vuoi disseppellire?

Una che non ha tomba. Evoca Astarte.

Ombra, Spirito chiunque tu sia,

che serbi ancora, in tutto o in parte,

la forma della nascita, l’involucro

d’argilla che ritornò alla terra,

riappari! ...

Riporta con te

quello che tu portavi: cuore e forma,

sottrai ai vermi l’aspetto che fu tuo

Appari. Appari. Appari!

(Apparizione nel silenzio del fantasma di Astarte)

Possibile che questa sia la morte?

Le guance sono rosse. Ma ora

vedo, non è un colore vivo,

ma stranamente febbrile;

il rosso innaturale che l’autunno imprime

sulle foglie morte.

... È Lei! ... La stessa ... Oh Dio!

Ch’io debba raggelare nel guardarla? ...

Astarte! ... Perdonami ... o dannami!...

Io non posso, ma ditele di parlare!

Per quel potere che ha infranto la tomba

che ti rinchiudeva,

rispondi a questi che ti ha parlato!

Parla a chi ti ha evocato.

Tace. Questo silenzio mi risponde.

Il mio potere si ferma qui. Principe

dell’aria, tu solo puoi. Comandale

di parlare.

Spirito, obbedisci a questo scettro!

Tace sempre. Non è del nostro ordine.

Appartiene ad un altro potere. Mortale,

la tua ricerca è vana

Odimi, odimi, Astarte,

amata, parlami! Tanto ho sofferto

e soffro ancora tanto. Guardami.

La tua fossa non ti ha mutato tanto

quant’io son mutato per te.

Troppo mi amasti, come io ti amai.

Non eravamo fatti per torturarci così,

quantunque fosse il più empio dei peccati

amarci come noi ci amammo ...

Dimmi che tu non mi detesti ...

Che io sconto il castigo per entrambi,

che tu sarai del numero beato,

e io morrò ... Perché finora tutto

quel che odio cospira a incatenarmi

all’esistenza, a una vita che mi esclude

dall’immortalità, dove il futuro

è simile al passato. Non ho tregua.

Non so che cosa chiedere o cercare.

Sento soltanto quello che tu sei

e io sono. Ma, prima di morire

vorrei udire di nuovo quella voce

che era la mia musica.

Parlami! Ti ho invocato nelle notti

serene, ho spaventato gli uccelli

addormentati tra i silenziosi rami,

per chiamare te ...

Ho risvegliato i lupi montani

ho appreso alle caverne a riecheggiare

invano il nome tuo adorato; tutto

rispose, tranne la tua voce. Parlami!

Ho errato sulla terra e non ho mai

trovato a te l’uguale. Parlami!

T’ho cercata tra le stelle a venire,

ho contemplato il cielo inutilmente,

senza trovarti mai. Parlami! Guarda,

i demoni a me attorno, hanno pietà

di me che non li temo ed ho pietà

per te soltanto. Parlami! Sdegnata,

se vuoi, ma parlami! ... Dimmi

non so che cosa, ma che io ti senta

una volta ancora ...

Manfredi!

Parla, continua! Io vivo in questo suono.

È la tua voce.

Manfredi; domani avranno termine

le tue sventure terrene. Addio.

Ancora una parola: ho il tuo perdono?

Addio.

Dimmi: ci rivedremo ancora?

Addio.

... Pietà ... Dimmi che m’ami.

Manfredi!

(Il fantasma d’Astarte scompare)

- Accennata ignoranza della servitù -

Strano davvero! Notte dopo notte

ha vegliato per anni in questa torre

... solo ... v’è certamente qualche stanza

dove nessuno entra ...

Contentati di quello che già sai

Che ora è?

Manca un’ora al tramonto.

Hai disposto ogni cosa nella torre?

Tutto. Ecco qui la chiave e lo scrigno.

Bene. Puoi andare. (pausa) C’è in me una calma,

una serenità inspiegabile, finora

sconosciuta alla mia vita

Signore, l’abate di San Maurizio

desidera parlarvi ...

(Abate e Manfred)

La pace sia con te, conte Manfredi.

Te ne ringrazio, reverendo padre.

Sii il benvenuto. Questa tua presenza

onora le mie mura e benedice

gli abitanti suoi ... Eccomi, parla!

Corrono voci empie, voci strane

sul tuo nome da secoli nobile.

Si dice che ti siano familiari

cose vietate alla ricerca umana

Chi afferma tali cose?

I miei devoti confratelli, i nostri

contadini atterriti; i tuoi vassalli

guardano a te con occhi molto inquieti.

La tua vita è in pericolo

Prendila!

Io vengo per salvare, non a uccidere;

non intendo indagare i segreti

della tua anima, ma se tanto

è vero, quanto si dice, ancora

è tempo al pentimento e al perdono.

Non importa

cosa io sia stato o sia: questo è un arcano

tra il cielo e me. Non scelgo mediatori.

Se mai ho peccato contro i tuoi decreti,

prova e punisci ...

Figlio mio non parlo

di punizione, ma di pentimento

e perdono. A te solo tocca scegliere;

la punizione io la lascio al cielo

Vecchio, non v’è potere nei sant’uomini,

né incantesimo nella preghiera,

né penitenza purificatrice,

sguardo apparente, né agonia, digiuno,

né tra le innate torture di quella

cupa disperazione che è rimorso

senza paura dell’inferno e, sola,

basta a fare un inferno del cielo,

non v’è nulla che possa esorcizzare

il nostro spirito illimitato

dai delitti, dai torti e sofferenze

e vendette che infligge a se stesso;

non esiste un tormento avvenire

pari a quella giustizia che impartisce

a se stesso chi da sé si condanna.

Tutto quanto la Chiesa può insegnarti

Quando il sesto imperatore di Roma era prossimo a morte, suicida, onde evitare la fine indecorosa che i senatori, una volta suoi schiavi, gli avrebbero senz’altro decretata, un soldato, a tutta prova di pietà devota, con la sua veste volle fermare il sangue che sgorgava dalla gola trafitta. Il romano morente lo respinse e, con un resto d’impero negli occhi, disse: «Troppo tardi; è questa fedeltà?» Col romano rispondo: «Troppo tardi!».

Nemmeno una speranza? È proprio strano.

Perché non vuoi tu vivere

e operare con gli altri uomini?

La mia natura è avversa a questa vita ...

Ahi!, comincio a temere che tu sia

al di là d’ogni aiuto ... Così giovane!

Guardami! C’è una classe di mortali

sulla terra, che invecchiano da giovani

e prima della loro età di mezzo

muoiono, e non di morte violenta,

com’è dato ai guerrieri, ... Non stupirti

se sono quel che sono, ma che io sia

nato, e che essendo io esistito, io viva!

Signore, mi ordinaste di avvisarvi

al tramonto del sole

Glorioso astro, tu sorgi e risplendi

e tramonti nella tua goria. Addio!

Non ti vedrò mai più. Come il mio primo

sguardo d’amore, prima meraviglia,

fu per te, prendi questo mio ultimo.

Non splenderai mai più sopra un vivente

a cui la vita sia stata più fatale.

Svanì ... lo seguo ...

(L’abate e i servi del conte Manfredi ... voci concitate ...)

Dov’è il vostro padrone?

Nella torre.

Devo parlargli!

È impossibile!

Ne rispondo, ma devo vederlo! ...

Lo hai già visto una volta stasera ...

Ve l’ordino!

(L’abate e Manfredi)

Mio signore di nuovo perdono.

Mi fosse concesso

richiamare una nobile anima

non del tutto perduta ...

Non mi conosci, sono numerati

i miei giorni; gli atti miei registrati.

Allontanati! Via! Qui sei in pericolo!

Intendi minacciarmi?

Ti ripeto:

s’approssima un pericolo e vorrei

salvarti ...

Ma che vuoi dire?

Guarda ... Là!

Che vedi?

Niente

Guarda, ti dico!

senza tremare e dimmi: cosa vedi?! ...

Vedo ... una ... forma ... tetra ... orribile ...

che sorge dalla ... terra ... infernale ...

la sua faccia è ammantata ... la figura ...

involta in foschi nembi ... s’interpone ...

tra me e te, ma non la temo ...

... infatti

non ti farà alcun male, ma il suo aspetto

ti potrebbe impietrare, tu sei vecchio

Allontanati!

Mai! Finch’io non abbia

disperso questo demone! ... Che vuole?

Che mai vuole?! Non l’ho invitato io;

l’hai visto: è apparso senza il mio permesso!

Ahi!, perduto mortale, che hai da fare

con ospiti siffatti. Per te tremo!

Dimmi perché ti fissa e tu lo fissi?

Si scopre il volto: ha sulla fronte incise

cicatrici di fulmine, lampeggia

nel suo occhio l’inferno! Indietro! Indietro!

Parla: qual’è la tua missione?

Vieni!

Chi sei tu, ignoto essere? Rispondi!

Il genio di costui. (accordo musicale)

Seguimi. È l’ora!

Nego questo potere che mi convoca

anche se pronto a tutto. Chi ti manda?

Tra breve lo saprai. Seguimi. Vieni.

Ho comandato a essenze superiori

alla tua. Ho combattuto i tuoi padroni.

Vattene!

La tua ora è giunta. Vieni!

Sapevo e so che la mia ora è giunta

ma non certo a dar l’anima a un tuo pari!

Vattene! Morirò come ho vissuto:

solo.

Vengano dunque i miei fratelli!

Ehi, voi, sorgete!

Indietro, maledetti!

Nulla potete contro la pietà!

Vecchio, costui è perduto! Vieni! Vieni!

Io vi sfido! Anche se l’anima mi sfugge,

né muoverò di qui finché mi resta

fiato a esalarvi tutto il mio disprezzo,

forza terrestre a battermi con voi,

anche spiriti, quel che prenderete

lo dovrete strappare brano a brano!

Ostinato mortale! È questo il mago

che volle praticare l’invisibile

e farsi nostro uguale? Fino a tanto

innamorato della vita, quella

stessa vita che t’ha reso infelice?

Falso demone, menti. La mia vita

è alla fine, e non voglio riscattare

un sol momento di quest’ora. Contro

la morte io non combatto; ma soltanto

contro te, contro gli angeli a te intorno.

Tu non mi hai mai tentato. Non potevi;

io non sono mai stato il tuo trastullo

e non sarò tua preda. Io sono stato

da me, il mio distruttore. Indietro, demoni,

indietro, ritornate al vostro inferno.

La mano della morte, non la vostra

è su me

(I demoni scompaiono)

... Come sei pallido: le tue ...

labbra ... smorte ...

il tuo petto ... ansima. Volgi una preghiera

al cielo ... anche ... con il solo pensiero ...

prega ... non morire così ...

Addio ... dammi la mano ...

Fredda ... Freddo ... anche il cuore

Ahimé, che senti?

Vecchio,

non è così difficile morire!

 

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