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"Radicalized" di Cory Doctorow
L’opera, seppure non appartenente al filone della sci-fi classica o delle space opera tanto care alla collezione Urania, è composta da quattro racconti (soprattutto i primi tre) di fantascienza “sociale”. Non viene toccato il rapporto uomo-macchina o quello uomo-universo, ma il più “comprensibile” (anche se non il più semplicistico) uomo-società.
Cory Doctorow ci parla di immigrazione e megacorporazioni, ci parla di razzismo e supereroi, ci parla di malattie e social network, ci parla anche di rapporti umani e collasso globale. Lo fa con uno stile pulito e scorrevole, mostrando immagini e fatti di un futuro molto -troppo- vicino e simile al nostro. Per la sua fiction prende a prestito i modelli della società contemporanea degli Stati Uniti -ed è una scelta più scontata che banale- per modellarla quel tanto che basta ad essere comprensibile anche al lettore europeo, per poi mescolare quel pizzico di sci-fi -e DC Comics camuffata- da rendere il risultato una possibilità del nostro futuro. Mette alla prova la società reale attraverso i personaggi della sua società speculativa, e la mette a nudo agli occhi del lettore quel tanto che basta a dimostrare che quella possibilità di futuro potrebbe essere evitata. Ma tutto dipende da noi, dalle nostre scelte. Da un certo punto di vista, nelle sue quattro storie dal futuro, l'autore sembra più salire in cattedra per giudicare di cosa la società sarebbe capace di fare mentre sta affondando, piuttosto che mostrare cosa sarebbe disposta a sacrificare per evitare che questo accadesse. Una distopia senza via d'uscita, o forse un grido nel deserto nel tentativo di risvegliare le coscienze della nostra società.
Una lettura che consiglio agli amanti delle implicazioni sociali, ma che potrebbe non piacere troppo ai puristi della fantascienza, ma che (come già detto) si fa leggere in fretta.
Nella versione Urania Jumbo (quella con la copertina blu) è presente alla fine del volume un racconto extra: “Kim” scritto da Simonetta Olivo. Nella mia personale opinione, a prescindere dal sottogenere di fantascienza di cui parliamo, ho trovato il racconto della Olivo superiore ai quattro di Doctorow. Parlo di originalità di trama, complessità narrativa, stile: il racconto di un futuro remoto che parla di criogenia, macchine robot e umani in un contesto decisamente onirico, ma altrettanto plausibile e ben strutturato da risultare perfetto. Assolutamente da leggere.
Questo (sempre secondo la mia opinione) mi ha portato -ancora- a riflettere su come, a volte o troppo spesso, la narrativa di genere d’oltreoceano viene sopravvalutata a tutto discapito degli autori italiani; una sottovalutazione dei nostri autori non solo da parte delle grandi CE, ma soprattutto da parte dagli stessi lettori. E se la redazione di Urania ha deciso di inserire questo racconto per far conoscere l’autrice ad un pubblico forse troppo abituato ad autori stranieri, almeno nel mio caso ha fatto centro. Forse non leggerò altro di Doctorow (con tutto il rispetto per il lavoro dell’autore), ma di certo cercherò e leggerò altro di Simonetta Olivo.
_EOT
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