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"Il sigillo di Aetherea" di Pietro Ferruzzi (4 su 5)
Ottimo high fantasy
Un high fantasy classico, corposo senza mezzi termini. Raccoglie tutto (o molto) di quello che esiste nel genere: una trama ricca, eroi, antieroi, un nemico oscuro, il viaggio, armi magiche, castelli come labirinti, vecchie e nuove profezie. E cosa lo completa? Re, principi e principesse, ma anche folletti, troll, goblin, guerrieri, demoni, nani, metamorfosi magiche e un immenso esercito misterioso. E non vogliamo aggiungere anche un Berserker? Ma sì.
Questo elenco potrebbe far pensare che il romanzo sia un grosso calderone dove l’autore abbia buttato dentro il più possibile per riempire vuoti di trama, mancanza di originalità, tentativi di apparire esperto del genere… e invece no. Il Sigillo di Aetherea conquista con una trama ricca, originale e ben costruita, eventi in cui i personaggi hanno un ruolo chiaro che evolve assieme alla storia. Il meccanismo funziona, disegnato in trame separate che collimano in una buona risoluzione. Promosso.
Secondo me l’opera prima di Ferruzzi è superiore a molte altre opere prime, ma in ogni libro ci sono delle scelte da fare e queste sono poi sottoposte anche a giudizi molto personali (oltre che oggettivi).
I personaggi: raggiungono un livello sufficiente, evolvono. Personalmente ho preferito la caratterizzazione dei personaggi secondari e degli antagonisti rispetto a quelli principali e gli eroi. Da buona tradizione fantasy classica l’eroe agisce sempre nel bene, anche a proprio discapito, mentre il mio gusto personale tende ad un’azione più egoistica o “umana”; in generale e troppo spesso, questa è relegata non tanto al nemico principale (banalmente perfido) ma ai suoi sgherri: costretti ad essere i soli personaggi reali della storia per non affondare nel meccanismo dell’eroe ideale o del nemico con il solo sentimento negativo.
Per questo ho amato il tormento nei personaggi di Syrus e Basil, ma anche la caratterizzazione del popolo troll, con il giusto spazio nella storia e fuori dal solito stereotipo. Ho trovato invece troppo prevedibile, ma solo a tratti noioso il personaggio di Cameron: non il suo ruolo nella trama invece, che resta sempre di alto livello.
In generale non ho trovato i personaggi all’altezza di una trama ottima.
Il linguaggio sostenuto si adatta alla perfezione alla storia, non è mai eccessivo, e si lascia leggere senza risultare pesante anche nelle occasioni in cui le descrizioni sono necessarie. Lo stile funziona, ma a tratti inciampa: succede in alcune porzioni che anziché essere “mostrate” al lettore sono “raccontate”. Questione di gusti. Ma se “raccontare” necessita un minor dispendio creativo, di contro rende la lettura meno agile lasciando al lettore il compito di metabolizzare informazioni che forse avrebbero meritato un approccio diverso.
Il linguaggio viaggia nello stesso senso dei dialoghi: sono credibili, adatti alla storia, spesso dal tono sostenuto per ricordare l’epicità della trama.
In tutto questo c’è qualcosa che non sia necessario? Ho amato la storia, la sua complessità, la completezza di eventi nel susseguirsi continuo di azione – reazione – conseguenza. Mi chiedo allora la necessità di alcune scene. Quali? A volte (non troppo spesso per fortuna) sembra che Ferruzzi voglia spezzare la tensione servendosi di alcuni personaggi e secondo me non è stato l’elemento meglio riuscito. L’ironia è forse il risultato più difficile e alcune battute dei folletti (ma anche da parte dei “buoni”) non fanno ridere, non fanno sorridere, non fanno neanche riflettere. Spezzano invece l’azione, come aver trovato un refuso. La sensazione è di forzatura, del voler completare un prodotto (perché ritengo i libri in generale un prodotto) già buono senza bisogno di spingersi troppo oltre.
In conclusione dico: buona la prima per il “Sigillo di Aetherea”.
_EOT
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