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"Il Sacro Ordine del Mistero della Notte" di Fantom Caligo e The dark show (3 su 5)
Lettura fuori dagli schemi classici
Ho deciso di iniziare a leggere questo libro (saltando a piè pari molte altre letture già in lista) per diversi motivi: perché uno dei due autori è recensore sul blog InfinitiMondi gestito da Andrea Zanotti, perché la copertina mi piaceva e, ultimo in lista ma primo per importanza, adoro le opere complesse e truculente. Ecco, giusto riguardo la complessità e/o i toni weird: per molti rappresenta un ostacolo come per altri potrebbe essere il romance, ma credo che un’opera ben scritta può essere apprezzata a prescindere dalle atmosfere usate.
E questo libro in particolare?
Ho apprezzato l’intenzione e l’originalità dell’idea, lasciando però qualche dubbio. Intendiamoci: adoro Malazan, la multitrama, la complessità e i molti personaggi; le mie stesse opere ne rispecchiano il gusto, e per questo non voglio (e non devo) rinnegare le scelte di Fantom Caligo e The Dark Show, ma in questo libro c’è forse ‘troppo’ in termini di elementi e ‘poco’ in partecipazione emotiva per il lettore.
La trama è sicuramente complessa, ma lo è ancora di più il worldbuilding. Sì, perché la trama in sé acquisisce difficoltà proprio in funzione dell’ampiezza del mondo e dei personaggi creati dagli autori, nonché della linea temporale degli eventi che, con alcuni flashback e rivelazioni, va davvero molto molto indietro nel tempo.
Ma quanti elementi ci sono ne “Il sacro ordine del mistero della notte”?
Vediamo: mercenari, monaci, vari tipi di draghi, basilischi, fantasmi, vampiri, licantropi, elfi, orchi e (perché no?) molti altri esseri frutto della fantasia degli autori prendendo a prestito dal dialetto emiliano e (credo) dalla tradizione haitiana.
E tutto questo minestrone mi è piaciuto? Forse sì, ma solo in parte.
Perché se da un lato la grande quantità di idee e personaggi e luoghi e fazioni è stimolante e forse (anche) originale, dall’altra non riesce a tenere il lettore nella giusta tensione quel tanto da renderlo partecipe della storia. E in questo (lo dico un po’ a malincuore) la colpa non è della troppa quantità di elementi, ma della troppa quantità di elementi non gestiti nella giusta misura. Forse gli autori hanno usato (e osato) troppi ingredienti per la loro opera prima: poca esperienza e molto entusiasmo non aiutano con opere del genere, ma non c’è da disperare perché questa è solo la mia opinione e magari altri lettori non saranno d’accordo con quello che penso.
I personaggi sono coerenti, nulla da dire, hanno un ruolo ben definito e a volte sorprendono, ma sempre a causa della troppa ‘polverizzazione’ di eventi non si riesce ad empatizzare con loro, non c’è partecipazione emotiva, e questo si riduce ad una mera lettura di fatti senza che il lettore frema con loro nel bene o nel male degli eventi o che sia (davvero) affamato di sapere cosa succederà. Sì, in pratica ero più curioso di continuare a conoscere il mondo creato dagli autori piuttosto che gli eventi dei personaggi. Ripeto, un wordbuilding davvero notevole, come notevoli sono i parallelismi con il mondo ‘reale’: non vi dicono nulla le macchinazioni al di sopra delle leggi, i giochi di potere, il fanatismo religioso, gli accordi commerciali sempre a discapito di un popolo sottomesso? Una realtà nel romanzo che i personaggi conoscono bene: forse troppo bene e tanto da palesarlo inutilmente. Sì, perché in un romanzo ‘adulto’ non ho bisogno (e neanche voglio) che i personaggi mi dicano quanto sia corrotta la loro società e che nessuno possa cambiare le ingiustizie; perché da lettore vorrei mi fosse semplicemente mostrato l’effetto di tali ‘ingiustizie’ e poi lasciato a me il giudizio. In questo (non troppo spesso per carità) ho notato nella voce dei personaggi una retorica molto affine al populismo e fine sé stessa. Chiacchiere da bar, insomma.
Una caratteristica che mi ha colpito e che ho apprezzato in modo particolare è stata la caratterizzazione dei ‘personaggi’ mitologici (draghi, elfi oscuri, ecc.) fortemente umanizzati. Una nota molto positiva che mi ha fatto legare più con questi elementi fantastici piuttosto che con i vari protagonisti.
Nel complesso ho anche apprezzato (e amato) il riferimento alla potenza della notte, dell’oscurità in generale e delle sue creature, che sembra (o forse è) il vero motore che fa muovere il romanzo nella giusta connotazione dark. Oltre ai toni cupi e un intreccio complesso non ho trovato l’opera troppo destinata ad un pubblico ‘adulto’, probabilmente (opinione mia) come per molti altri fantasy andrebbe bene da un’età dai 15 anni in su (anche se lo dice uno che ha letto “L’ombra dello scorpione” di King a 13 anni XD)
Il finale purtroppo non “trascina”, è in questo è coerente con il resto del romanzo, lascia forse spazio ad un seguito che spero possa esaltare le potenzialità dei due autori. Sì, perché il romanzo è scritto a quattro mani e vorrei fare un paio di considerazioni su questo.
Prima di tutto lo stile: credo non riuscirei a scrivere un romanzo a quattro mani, invece un saggio sicuramente sì, perché dev’essere formale, schematico, con uno stile proprio (certo) ma che passa in secondo piano rispetto al contenuto. E forse ne “Il sacro ordine del mistero della notte” lo stile non ha una propria dimensione, ci sono alcune descrizioni qua e là che sfiorano il poetico, sì, ma oltre a quello non sono riuscito a trovare una connotazione stilistica definibile.
I refusi: quando sono pochi non ci bado, ma quando la quantità supera la dozzina allora (un po’) ci resto male. Capisco che i self publisher debbano (spesso) accontentarsi di alfa e beta reader tra amici o in famiglia, ma in questo caso essendo gli autori ben due non sarebbe stato male affrontare una (seria) lettura incrociata a caccia di refusi.
In conclusione consiglio questo libro a chi cerca una lettura fuori dagli schemi classici, che sappia apprezzare un intreccio complesso e molti personaggi, ma soprattutto chi è alla ricerca di un wordbuilding ben strutturato.
_EOT
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