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"La Città dell’Assedio" di Luca Buggio (5 su 5)
Ho deciso di leggere “La città dell’assedio” dopo aver apprezzato la grande capacità di Luca Buggio nel precedente “La città delle streghe”. Questo secondo non solo conferma le sue qualità di autore, ma riesce ad esaltare il lavoro svolto nel primo libro, perché non solo una continuazione ma anche ‘evoluzione’ nella sua interezza.
Siamo sempre nella Torino del 1700, ma lo siamo sul serio: perché tra i protagonisti principali e i misteri che ruotano attorno alla storia, incontriamo quartieri ed eventi dell’assedio ben ricostruiti, mendicanti, zingari, ladri, venditori di frittelle e tanto altro. La percezione è quella di essere proprio lì, con loro, e si provano spesso le sensazioni di protagonisti e personaggi secondari, si riesce ad assimilare le loro gioie e paure, i desideri, le paure e i tentativi di non affondare.
Il libro parte a tutta velocità e lo fa con un personaggio verso cui (per chi ha letto il primo libro) è stato facile affezionarsi: Gustin. Si parte toccando senza mezzi termini il tema della morte e di alcune sue sfaccettature, e della morte si osserva il modo per convivere con essa e sfuggirle al momento opportuno. E per fortuna che sia così per Gustin, perché la storia verso la quale si sta dirigendo vale davvero molto.
Proprio in riferimento a Gustin – ma non solo a lui – ho notato il modo in cui l’autore ha saputo dosare l’importanza e la presenza dei personaggi in questi due primi libri: perché se ne “La città delle streghe” è Laura ad avere un ruolo predominante nella storia, qui gli ingredienti vengono sapientemente rimescolati, promuovendo Gustin nelle scene principali e anche con maggiore quantità di eventi. Immagino già che nel terzo libro ci sarà una sorta di equivalenza di ruolo e presenza tra le pagine: un altro punto a favore dell’autore, che ha saputo stupirmi proprio perché mai scontato e mai esagerato nelle scelte di trama.
E si potrebbe dire ancora molto sui personaggi (difficile certo senza fare spoiler) perché anche quelli relegati ai ruoli secondari hanno una loro precisa personalità e collocazione, una storia alle spalle che ne decreta il carattere e le implicazioni con la trama principale. Sì, perché nulla sembra essere inserito solo per riempire il calderone della storia (trama), tutto sembra invece funzionale agli eventi e il susseguirsi di essi, quasi che la storia della città di Torino sembra sai avvenuta proprio per scrivere questo libro.
Come nel primo libro lo stile è impeccabile, dialoghi funzionali e mai banali, descrizioni in rari casi corpose, ma mai – ci tengo a ribadire mai – esagerate o noiose, e anzi: con poche e semplici ‘pennellate’ il Buggio riesce a rendere viva la sua Torino e i suoi personaggi, spesso senza peli sulla lingua.
Un libro destinato sì ad un pubblico maturo che non dev’essere obblifatoriamente adulto, ma consapevole di iniziare una lettura impegnativa per genere e trama, ma anche per la quantità e la tipologia di eventi da seguire. Non posso fare spoiler – ovviamente – ma in questo libro si parla della “Città delle streghe” e questo implica non solo per il lettore il dover essere preparato ad una visione ‘paranormale’ di certi eventi, ma anche ad una crudeltà che a tratti potrebbe impressionare. Niente splatter per carità, piuttosto un libro dai toni cupi, a tratti angoscianti, addirittura crudeli, e che strizza l’occhio ad una visione matura dell’amore.
Un libro davvero bello, completo, che riesce a farsi leggere per qualità e coerenza.
_EOT
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